POLIZIA senza più risorse per la sicurezza: storia vecchia e mai risolta, anzi: «la situazione è persino peggiorata e i numeri sotto la Madonnina descrivono un quadro davvero al limite», dice Massimiliano Pirola, del Sap. «Qui si va avanti perché la spinta viene dalla motivazione personale, ma ci devono mettere nelle condizioni di farlo questo lavoro, che per noi è una missione, perché così ne va della sicurezza nostra e di quella dei cittadini. Così, a tirare troppo la corda, ci facciamo male tutti». La situazione tradotta in cifre, volendo mettere da parte lo sconforto di chi vive questa quotidianità fatta di fondi scarsi, mezzi rotti e vecchi, divise che non ci sono, pulizie degli uffici da fare e soldi delle missioni da anticipare, è davvero allarmante. Il cahier de doléances è lungo. La situazione più disastrosa, forse, è quella del parco macchine.
A MILANO, in via Fatebenefratelli, ci sono circa settecentocinquanta mezzi (auto e moto) in dotazione, ma quasi la metà è inutilizzabile. «Perché – spiega Pirola – il termine dotazione trae in inganno. I mezzi in carico alla questura non sono quelli funzionanti, se fai un inventario preciso di questi settecentocinquanta mezzi ci trovi quasi ‘il Garelli’ degli anni Settanta». Le Volanti hanno in tutto sessanta auto: 20 sono Alfa 159, 20 Fiat Bravo e 20 Seat Leon. La maggior parte di queste hanno almeno 200mila chilometri, al momento circa la metà sono in officina e le altre vengono utilizzate 24 ore su 24. Perché i turni, con Expo, sono aumentati. Poi c’è la preparazione, comparto «allenamenti al poligono». «Spariamo una volta ogni quattro mesi – dice ancora il vicecommissario del Sap –. Pochissimo. Per noi l’uso dell’arma è come l’uso della macchina da cucire per la sarta, non possiamo non investire sull’allenamento, che si traduce in abilità. Al Reparto mobile di via Cagni ci sono due poligoni, uno dichiarato da anni non a norma. Quindi dobbiamo pagarci un poligono privato in cui, fra l’altro, usiamo un’arma che non è la nostra». E i problemi non sono finiti.
Le divise, ad esempio, non c’è il cambio. «Una sola camicia e le maglie le abbiamo comperate con i nostri soldi. Così, come facciamo sistemare giacche e pantaloni da sarti privati, perché se indossi una 48 e ti viene consegnata una taglia 52, poi ti devi arrangiare».
I soldi per le missioni, anche quelli sono anticipati. «A volta capita di dovere fare trasferte al volo per seguire rapinatori o per indagini ancora più complesse. Paghiamo noi, ma dopo un anno dobbiamo ancora avere il rimborso». Ad aggravare il quadro generale, uno stipendio che è lo stesso dal 2009, senza scatti e in base alla nuova Finanziaria l’aumento dovrebbe essere di 45 centesimi al giorno.
«Questo, tradotto in vita pratica – dice il sindacalista – significa che dopo una notte di turno al lavoro, da mezzanotte alle sette, con quello che abbiamo guadagnato non ci paghiamo nemmeno la colazione. E magari poi ci dobbiamo pulire l’ufficio, perché anche le spese del personale addetto al servizio pulizie sono state tagliate del 60%».
Resto del Carlino