PROIBITO entrare col velo islamico integrale – il burqa o il niqab, che coprono tutto il viso delle donne – negli ospedali lombardi. E anche agli sportelli dell’Aler – l’Azienda lombarda delle case popolari –, in tutti gli uffici della Regione Lombardia e aziende controllate. La giunta guidata da Roberto Maroni ieri ha partorito il veto: come aveva annunciato l’assessore (leghista) alla Sicurezza Simona Bordonali, niente più di un regolamento, che richiama esplicitamente l’applicazione di una normativa nazionale esistente – la legge Reale del 1975 – nel punto in cui vieta qualsiasi strumento che impedisca il riconoscimento del volto nei luoghi pubblici. Infatti il filtro vale anche per chi indossa il casco integrale, o un passamontagna, ha chiarito Maroni, sottolineando che «non c’è alcuna polemica col mio segretario federale, siamo perfettamente allineati».
IL LEADER lumbard Matteo Salvini era intervenuto a ricordare che «la legge c’è già, va solo fatta rispettare», nel dibattito deflagrato nelle ultime settimane al Pirellone: una mozione di una consigliera della lista di Maroni, la richiesta del vicecapogruppo leghista di emanare una circolare agli ospedali, e quella dell’assessore, sempre leghista, alla Cultura, che ha sollecitato i prefetti lombardi a estendere il divieto «a tutti i luoghi di cultura». Richiesta inascoltata, finora, ma a Varese il sindaco (leghista) ha firmato un’ordinanza, che prevede multe da 75 a 450 euro. A Milano, il neoprefetto Alessandro Marangoni del divieto regionale dice: «La religione non deve essere confusa con la sicurezza. Comunque il problema verrà trattato nelle sedi opportune, che hanno titolo a esprimersi». «C’entra la sicurezza, non la religione», ribatte Maroni su Facebook, citando l’appello del procuratore aggiunto di Venezia, Carlo Nordio, dopo la strage di Parigi. A Venezia il prefetto Domenico Cuttaia ha imposto di scoprirsi il volto per entrare nei musei, come chiedeva il sindaco Luigi Brugnaro, anche a chi indossa maschere di Carnevale. Tutti in scia al Ticino, dove a fine novembre il parlamento cantonale ha attuato un referendum di due anni fa. Ma il velo totale era già vietato da tempo in diversi Paesi, dalla laica Francia alla musulmana Tunisia. E adesso anche nella padana Lombardia, quantunque, alla fine, il veto sia ridimensionato a regolamento interno. «È un richiamo – conferma il governatore –: dato che prima non era specificato e gli operatori applicano giustamente le norme regionali, adesso chi controlla gli ingressi negli ospedali e negli uffici sa che non deve far entrare persone a volto coperto».
DA UNA NOSTRA indagine era risultato che, a Milano, solo nei due ospedali dove nascono più bambini càpita ogni tanto una partoriente in niqab; meno di una decina l’anno in tutto. Al Pirellone, l’opposizione insorge. «La Lombardia si adegua in ritardo alla legge nazionale? Come al solito tanta propaganda per nulla», commentano i 5 Stelle. Il Pd affonda: «La Lega ha iniziato una campagna contro tutti i musulmani, accomunandoli ai terroristi: Maroni come Donald Trump».
Corriere della sera