Milano. «Non ne possiamo più, vattene» Massacrati dal figlio alcolizzato

polizia«MIA MADRE mi odiava, dovevo ucciderla». Davide Mugnos ha confessato subito. Lucido e impassibile, ha spiegato agli investigatori del commissariato di polizia di Cinisello Balsamo e al pm di Monza Michele Trianni di aver massacrato deliberatamente i suoi genitori per mettere fine a un conflitto irreparabile. Sembrerebbe celarsi una storia di sofferenze e violenze familiari dietro al duplice delitto commesso dal 26enne di Sesto San Giovanni che nella notte tra lunedì e martedì ha massacrato il padre Giuseppe Mugnos, 62 anni, e la madre Francesca Re, 60, colpendoli con decine di fendenti, forse fino a 40, in un impeto d’odio e follia.

TEATRO della carneficina l’estrema periferia di Sesto San Giovanni. In piena notte, verso le 2.30, tra Davide e la madre esplode l’ennesima lite. Lei una donna disperata, costretta a prendersi cura di un marito alcolista e invalido perché semicieco e amputato delle due gambe a causa del diabete. Lui, reduce da una infanzia trascorsa tra le violenze del padre, l’alcol e la droga. Un presente fatto di crisi depressive e aggressività. Ossessionato dal rancore verso la madre che, dopo averle provate tutte, ora cercava di allontanarlo, convinta di non poter fare più nulla per lui. Quell’odio deve aver fatto scattare il raptus omicida. Davide ha afferrato un coltello da cucina e ha sferrato fendenti massacrando la madre che si è spenta continuando a pregarlo di fermarsi. Decine di coltellate all’addome, alla gola e alle braccia, con una violenza che può essere motivata solamente da un raptus. Nella camera da letto, immobile sul letto, il padre Giuseppe, che ha invano urlato al figlio di fermarsi. E che, incapace di difendersi o fuggire, è stato finito con la stessa efferatezza. Dopo il delitto Davide si è tolto i vestiti impregnati di sangue. Si è lavato e ha atteso in mutande e calzini l’arrivo della polizia che nel frattempo era stata avvertita da un vicino di casa, un poliziotto che aveva sentito le urla.
Davide, alto e corpulento, era rientrato da poco da un lungo periodo trascorso in una comunità terapeutica di Frosinone per disintossicarsi dall’alcol. Conosciuto al Centro Psico Sociale di Sesto (foto sotto, Spf), da un anno e mezzo rifiutava ogni cura. Dietro a quel faccione paffuto e smarrito, nascondeva una storia di sofferenze. Ora è in cella a Monza sotto sorveglianza sanitaria, accusato di duplice omicidio volontario.

Resto del Carlino