Sette persone sono state fermate dalla Squadra mobile di Milano perché stavano progettando l’assalto a un portavalori sulla tratta Bari-Foggia. Il fermo è il frutto delle indagini seguite alla rapina avvenuta nel Milanese lo scorso ottobre.
Le indagini della Squadra mobile, infatti, sono partite dopo l’assalto del 15 ottobre 2016 a Cascina del Sole, frazione di Bollate (Milano). Un colpo da 1,5 milioni di euro, ancora irrisolto. Gli investigatori milanesi hanno iniziato un complesso lavoro di analisi e intercettazione telefonica che non ha consentito di attribuire responsabilità per la rapina di Bollate, ma ha consentito di scoprire un nuovo colpo a portavalori in programma sull’autostrada A14 Bari-Foggia.
Assieme ai colleghi della Mobile di Bari e Foggia (coordinati dal Servizio centrale) gli uomini della Sezione antirapina diretti da Luca Izzo, hanno eseguito il fermo di sette persone coinvolte a vario titolo nella pianificazione del colpo. Al vertice della banda tre uomini che gestivano gruppi di diverse province: Giancarlo D’Abramo a Cerignola, Francesco Mavellia a San Ferdinando di Puglia, Catello Lista a Manfredonia.
La mente della banda sarebbe D’Abramo, arrestato 10 anni fa per una rapina in banca a Milano. Lui, così come gli altri vertici, non hanno precedenti per assalti a portavalori pur essendo considerati degli esperti in questo settore. “Il loro spessore criminale è indubbio – ha detto Izzo – Mavellia ha un precedente per tentato omicidio,e una lista di precedenti per reati contro il patrimonio”. L’organizzazione seguiva precisi ordini e piani di lavoro.
Ogni giorno i componenti della banda uscivano alle 9 del mattino e tornavano alle 23 avendo percorso almeno 6-700 chilometri. “Immaginate la fatica investigativa di dover stare dietro ai sospetti – ha detto Izzo – Basti pensare che in un solo mese abbiamo percorso oltre 10mila chilometri per i pedinamenti”. Il blitz nei confronti dei 7 è scattato alle 3.30 del mattino. Sequestrati un centinaio di cellulari, alcuni mezzi che sarebbero stati usati per il colpo, 100 proiettili, una pistola e bande chiodate fatte in casa. Nessuna traccia, invece, delle armi da guerra di cui parlavano nelle loro conversazioni.
“Erano comunque molto attenti alle parole, per questo gli incontri avvenivano sempre di persona all’interno di un ufficio per pratiche auto controllato a vista e pieno di telecamere. Un posto quasi irraggiungibile per gli investigatori – ha riferito Izzo – D’Abramo aveva un cellulare diverso per ogni numero di telefono. Abbiamo accertato due prove generali in autostrada, due mercoledì di seguito. Non sappiamo esattamente quale sarebbe stato l’obiettivo ma parliamo di un bottino in gioielli e oro da milioni di euro”. La Repubblica