Milano. Truffa dei rimborsi, Lega in pezzi

salviniNON C’È pace in casa Lega, e chi pensava che lo scontro fra vecchia e nuova leadership si fosse ricomposto, oggi deve ricredersi. La bomba scoppia alla vigilia dell’appuntamento cui Matteo Salvini tiene di più, la tre giorni bolognese che, nelle intenzioni del segretario del Carroccio, dovrebbe segnare la riscossa del centrodestra e culminare nella grande manifestazione di domenica.

A GENOVA si tiene il processo sulla presunta truffa ai danni dello Stato (40 milioni di euro) che vede imputati Umberto Bossi, Francesco Belsito e tre ex revisori della Lega Nord. Ammesse come parti civili la Camera e il Senato (più un privato cittadino tesserato che chiede i danni), cresce la cifra dei rimborsi elettorali. L’avvocatura dello Stato chiede alla Lega di restituire 59 milioni, anziché 40 come contestato dalla Procura. Ma soprattutto l’avvocato di Bossi, Matteo Brigandì, sollevando un’eccezione di competenza territoriale (vorrebbe il processo celebrato a Roma) sottolinea che quei soldi sarebbero stati dati dopo il 2012 quando a capo del Carroccio non c’era più Bossi bensì Roberto Maroni prima e Matteo Salvini dopo. E sarebbero stati spesi nonostante fossero indicati proprio dalla Lega 2.0 «come corpo di reato della truffa». Il pm Paola Calleri anticipa che cambierà il capo di imputazione: da truffa tentata a consumata.
Processo rinviato al 30 novembre, bufera immediata in via Bellerio. Tace il governatore lombardo Roberto Maroni, mentre Salvini tuona: «Chi mette in dubbio la mia onestà ne risponderà ai cittadini e in tribunale». Peraltro i fondi che sarebbero entrati in via Bellerio da quando Salvini è segretario sarebbero 800mila euro, sufficienti a pagare gli stipendi e il riscaldamento della sede (40mila euro l’anno). Ma Bossi non ci sta a salire sul banco degli imputati da solo, e non vuol passare per il segretario che si è intascato 40 milioni di euro. «In passato la Lega ha sbagliato, ma mi impegno a non sbagliare più» chiosa il capitano in tv ospite di Paolo Del Debbio.

SE È probabile che la vicenda finirà con una transazione, si scaldano gli animi dell’opposizione. Attaccano Pd, Sel e Cinque Stelle. La kermesse bolognese dà fastidio a molti. Anche all’Anpi locale e alle coalizioni civiche di una città tradizionalmente non di destra. Dalla Lega tranquillizzano: Casa Pound l’8 novembre a Bologna non ci sarà. Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia sì. Ma per sapere se sarà sancita la pace fra la giovane leader di centrodestra e Silvio Berlusconi bisognerà attendere la conferma ufficiale della presenza del fondatore di Forza Italia. Nei prossimi giorni il Cavaliere e l’altro Matteo si vedranno per definire strategie e programmi comuni. Intanto la Meloni ha incontrato il governatore veneto di Forza Italia Giovanni Toti nella speranza di trovare un nome condiviso per la poltrona di primo cittadino di Roma. Che potrebbe anche essere quello della stessa Meloni.