Più che un giallo, una grande tragedia. Madre e figlia uccise, per una tragica fatalità dal monossido di carbonio. E lui, Alvaro Alonso Cerda Cedeno, compagno e patrigno, quando ha scoperto i corpi delle due donne, dalla disperazione, si è ammazzato tagliandosi le vene. E’ questa la conclusione alla quale è arrivato il pubblico ministero Luca Bertuzzi dopo più di un anno di accurate indagini su quello che è stato ribattezzato il «giallo di Misano». Una conclusione che ha portato il pubblico ministero a chiedere al giudice per le indagini preliminari l’archiviazione del caso perchè «vi sono dei dati certi acquisiti che escludono che terzi abbiano cagionato o concorso a cagionare l’evento letifero». Il 13 gennaio del 2015 in una villetta in via Vanzetti a Misano vennero ritrovati i corpi mummificati di tre persone: Alvaro Alonso Cerda Cedeno, 35 anni, ecuadoregno, della compagna Adriana Andrea Stadie, 44 anni, argentina e della figlia, Sophie Annette Stadie di 15 e del loro cagnolino, uno yorkshire anche lui morto, intossicato dal monossidio di carbonio. Dei tre si erano perse le tracce dal 21 novembre del 2014, ultimo giorno in cui il cellulare di Sophie era stato in funzione. Poi il nulla più totale. I tre sembravano essere svaniti. Nesuno li aveva più cercati. O meglio, solo un paio di amiche della quindicenne avevano tentato di mettersi in contatto con la ragazzina ed avevano fatto pressioni con i genitori affinchè si mobilitassero per dare una risposta a quello strano silenzio. Complice anche il periodo delle vacanze natalizie, solo il 13 gennaio era arrivata la macabra scoperta con il ritrovamento della famiglia morta. E le ipotesi erano state le piùsvariate, omicidio suicidio, poi ancora suicidio di gruppo per motivi economici. Ma queste ipotesi non avevano mai convinto il pm che aveva fatto analizzare dai suoi consulenti ogni aspetto. L’autopsia aveva stabilito che il cuoco si era tagliato le vene mentre le due donne erano morte per monossido di carbonio. Ma le indagini non si erano mai interrotte. Le analisi e perizie per risalire alle cause di quella tragedia sono state accuratissime. Sul banco degli imputati era finita la caldaia utilizzata per il riscaldamento, ma prove di monitoraggio continuo, hanno rilevato ‘il corretto funzionamento dei dispositivi di sicurezza della caldaia stessa, così come e’ stata scartata l’ipotesi di manumissione della stessa’. E dalle analisi dei consumi effettivi di metano, è emerso che la famiglia possa aver utilizzato fonti alternative di riscaldamento. Ossia, un’altra stufetta (mai ritrovata però , quella che, complice anche la camera da letto chiusa con pezzi di polistirolo, l’avrebbe saturata di monossido di carbonio, provocando la morte delle due donne e del cane. Davanti ai loro corpi, Alvaro non avrebbe retto al dolore e si sarebbe ucciso tagliandosi le vene. Questa la conclusione alla quale è giunto il pm Bertuzzi. Una fatalità per le due donne, un ‘gesto compulsivo suicidario’ per l’uomo. In realtà una sola, unica grande tragedia. Il Resto del Carlino
