La fine di un bel sogno. Questo sono stati, per Gaetano Santomenna, i duplici attacchi terroristici di Ouagadougou, lo scorso venerdì. Santomenna, italo-libanese proprietario del caffè Cappuccino, quella tragica sera non si trovava nemmeno in città. «Era in Niger per lavoro», dice Nabil Attieh, suo conoscente libanese, anche lui proprietario di un ristorante a Ouagadougou. «Adesso rientra e non ha più nessuno. La moglie, il figlio, la cognata. Tutti morti. Una vita distrutta, non ci sono parole».
La conferma ufficiale della Farnesina è arrivata nelle ultime ore. Victoria Yankovska, moglie di Santomenna, il loro figlio Misha di nove anni e la sorella di lei, Jana, sono tutti caduti sotto i colpi del commando armato che ha fatto irruzione nel locale. Secondo testimoni oculari, Victoria e sua sorella sarebbero entrambe morte sul colpo.
Il Cappuccino era il «sogno» di Ouagadougou. Un ristorante «all’europea», con tanto di panetteria annessa. L’ho frequentato spesso, soprattutto durante i miei primi soggiorni in Burkina Faso. Cercavo qualcosa che mi facesse sentire a casa – e già il nome del locale, che il proprietario aveva scelto in omaggio alle proprie origini del sud Italia, sembrava essere una buona premessa. In effetti, seduti a uno qualsiasi dei suoi tavolini, ci si sentiva in una qualsiasi città europea. A Roma come a Parigi. Poi si guardava fuori e ci si ricordava di essere nel cuore dell’Africa occidentale. Santomenna lo aveva aperto nel 2012 – prima di allora aveva lavorato come rappresentante di materiali per la panificazione. Il Cappuccino era stato la realizzazione di un’idea che il signor Gaetano accarezzava da molto tempo: aprire la prima vera boulangerie di Ouagadougou.
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