NON bastavano i cacciabombardieri. Putin usa anche i missili da crociera della Flotta del Caspio per lanciare una valanga di fuoco sulla Siria. La fregata
Dagestan e le corvette Grad, Uglich e Veliki Ustyuch hanno lanciato 26 missili da crociera SS30A – testata di 450 chili di esplosivo, gittata 2500 chilometri – «contro 11 obiettivi Isis in Siria». Secondo il ministero della Difesa russo, «gli obiettivi sono stati tutti colpiti, senza vittime civili». Considerando che gli aerei di Mosca hanno colpito 112 obiettivi dall’inizio delle operazioni, il conto totale dei target centrati sale così a 138.
Ma i paesi Nato sono convinti che gli obiettivi non siano postazioni dello Stato Islamico. Anzi. «Noi riteniamo – ha detto ieri a Roma il segretario alla Difesa americano, Ash Carter – che la Russia stia seguendo una strategia sbagliata e continui a colpire obiettivi non Isis. Non coopereremo con la Russia fino a che seguiranno questa strategia». «Da quel che sappiamo – rincara la dose il premier turco Ahmet Davotoglu – la Russia ha effettuato 55 strike contro l’opposizione moderata e solo due sull’Isis». Ieri un caccia Usa ha dovuto cambiare rotta per evitare un Mig russo.
COME ha ammesso ieri Putin, «l’aviazione russa sosterrà l’offensiva di terra delle truppe di Assad». E infatti. Secondo l’Osservatorio nazionale dei diritti umani, ong dell’opposizione, «le truppe siriane, appoggiate dai jet russi, hanno lanciato un’offensiva di terra nella provincia di Hama». La notizia è stata confermata alla France Presse da una fonte militare siriana, secondo la quale «l’esercito siriano e le forze alleate (presumibilmente Hezbollah e volontari iraniani, ndr) hanno iniziato una operazione di terra nella parte settentrionale delle provincia di Hama: l’attacco si concentrerà sui villaggi di Latmeen e Morek per convergere su Kafr Zeita». Zone in mano non all’Isis, ma alla coalizione della quale fanno parte Ahrar ash Sham e al Nusra. La notizia dell’offensiva ha creato viva irritazione al Pentagono, e se ne è parlato anche nell’incontro tra Ash Carter e il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che ha affrontato anche altri temi spinosi, dalla nostra permanenza in Afghanistan alla patata bollente del Muos.
PINOTTI e Carter hanno cercato di non enfatizzare il possibile cambio delle regole d’ingaggio dei nostri Tornado in Iraq. «Abbiamo deciso – ha detto Pinotti – di contrastare con forza l’Isis. Gli assetti che abbiamo dato finora sono importanti. Ma la coalizione e il governo iracheno stanno dicendo ‘dobbiamo essere più forti e più determinati nella lotta all’Isis’. Questo è un obiettivo che condividiamo. Ma quali saranno nuovi e diversi assetti non l’abbiamo ancora stabilito. Non c’è un orientamento già preso dal Governo, altrimenti sarebbe stato comunicato in Parlamento». Da parte sua Ash Carter ha glissato sulle pressioni esercitate anche da Obama in persona ed è stato al gioco. «L’Italia capisce bene l’esigenza di investire in personale umano e in capacità che sono richieste per mantenere la nostra difesa comune al fianco degli alleati Nato per fare fronte alle minacce». Pinotti ha comunque tenuto a precisare che «non c’è nessun collegamento o retropensiero tra il cambio di regole di ingaggio in Iraq e la richiesta di leadership italiana per la missione in Libia». Un sospetto che in molti, anche a Washington, hanno avuto.