HA agito in modo così meticoloso che a un certo punto gli stessi inquirenti non escludevano potesse effettivamente trattarsi di un gruppo terroristico: mai una chiamata dallo stesso numero o cabina telefonica, mai una missiva spedita dallo stesso ufficio postale. Nonostante la fedina penale intonsa, è riuscito a prendere accorgimenti (riassunti in un vademecum da lui stesso redatto) degni di estorsori con una lunga storia alle spalle. Ma, in realtà, dietro a quella sigla inventata di sana pianta, ‘falange armata contro le banche’, c’era lui soltanto: Claudio Terruzzi, ingegnere ed imprenditore modenese di 61 anni, residente a Parma. Amministratore della società cooperativa ‘Nuovo consumo’ (poi fallita) e sommerso da 300mila euro di debiti, dovuti a rate del mutuo non pagate. Mutuo che era stato acceso proprio alla Bper. Sua la voce e la scrittura che hanno intimorito, per diversi giorni, quattro dirigenti al vertice della Banca Popolare dell’Emilia Romagna.
TELEFONATE anonime e, appunto, lettere dai contenuti più che minacciosi, queste ultime a volte consegnate direttamente alle abitazioni delle vittime (tutte residenti a Modena città) e senza alcun francobollo. Della serie: sappiamo dove vivete, siamo stati qui. «Se avessimo voluto uccidervi, tu saresti già morto», per fare un esempio dei contenuti delle comunicazioni anonime recapitate. L’ingegnere pretendeva da ognuno dei quattro dirigenti messi nel mirino un milione di euro, al più presto. Episodi che sono arrivati, logicamente, sulla scrivania del pubblico ministero Enrico Stefani e che hanno attivato i carabinieri del reparto operativo modenese, del tenente colonnello Alessandro Mingozzi, così come quelli del nucleo investigativo, del comandante Luca Treccani. Gli uomini dell’Arma hanno piazzato delle telecamere nelle vicinanze delle abitazioni dei dirigenti: ben presto Terruzzi è comparso all’orizzonte. Fatto questo, e in collaborazione con la banca stessa, i carabinieri hanno guardato dentro il conto in banca del 61enne. Quando, poi, sono venuti fuori i debiti, come si suol dire, il cerchio s’è chiuso. Sabato gli inquirenti hanno deciso di agire: elementi importanti in mano e pericolosità del soggetto in aumento. Ieri mattina l’uomo è comparso davanti al gip: ora si trova agli arresti domiciliari. «Dietro a questa situazione – spiega Fabio Bazzani, avvocato dell’imprenditore agli arresti – c’erano anche le pressioni dei creditori, che sempre più spesso gli chiedevano i soldi. Il mio assistito si è comportato così nel tentativo di accontentare queste richieste, ma, anche, per salvaguardare le proprietà della sua famiglia».
