Incapace di intendere e volere a causa dell’abuso di droghe, in particolare della cannabis. La storia di Paolo, nome di fantasia, 23 anni di Modena è un’odissea nel mondo della droga, un dramma cominciato quando aveva 14 anni e che lo ha portato nell’abisso più nero della dipendenza e a gravi disturbi psichiatrici derivati proprio dall’uso di sostanze stupefacenti in particolare, certificano i medici che lo hanno avuto in cura, cannabis. La sua vita da anni è un percorso ad ostacoli tra comunità di recupero e strutture per patologie mentali. Poi, come spesso accade nella ‘via crucis’ della droga, si sbatte contro a problemi giudiziari. Il ragazzo nel novembre scorso, in preda al delirio e alla crisi di astinenza, ha aggredito e tentato di rapinare la madre che si rifiutava di dargli del denaro, ed è finito il galera. Ebbene, l’altro giorno il giudice Andrea Scarpa al termine del processo in abbreviato condizionato da perizia psichiatrica lo ha assolto per incapacità di intendere e di volere disponendo il ricovero immediato e coattivo in una Rems, le strutture che hanno rimpiazzato gli ospedali psichiatrici giudiziari. Il perito incaricato dal giudice parla chiaro; psicosi indotta da sostanze stupefacenti, in particolare dalla cannabis. «L’esordio dei primi disturbi psichiatrici – scrive nero su bianco lo psichiatra – va correlata essenzialmente alla cannabis, tanto che fin dal 2014 egli è accreditato di una psicosi da cannabis» marijuana e hashish per intenderci. Nel corso degli anni Paolo ha abusato anche di altre droghe come eroina e cocaina e la situazione è degenerata ancora di più ma il precipizio è cominciato proprio con gli spinelli. La perizia parla di «allucinazioni uditive, deliri, confusione mentale e frequentemente marcata aggressività» Tornando a questi giorni il giovane, dopo il proscioglimento è uscito dal carcere e per lui e per la famiglia si è spalancato di nuovo l’incubo; che fine farà Paolo? Fuori da carcere ma in attesa di essere ricoverato in una Rems per la quali, essendo pochissimi i posti e soltanto due le strutture in tutta l’Emilia Romagna gestite dall’Ausl, esistono liste d’attesa. Perciò nonostante l’ordinanza del giudice che ne dispone il ricovero immediato per due anni i tempi si allungano e Paolo, rifiutandosi di andare in una comunità di recupero ‘classica’ si ritrova in una ‘terra di mezzo’, fuori dal carcere, fuori da casa e in nessuna struttura che lo protegga, con il rischio che faccia del male a se stesso agli altri e che si ripresenti per l’ennesima volta delirante e aggressivo a casa della famiglia. «Il paradosso – spiega l’avvocato che assiste la famiglia Federica Martone – è che la persona incapace di intendere per il diritto penale viene prosciolta e messa in libertà». Il Resto del Carlino
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