Moira, l’imperatrice del Circo. Lo spettacolo perde la sua leonessa

moira_orfei9«PIÙ GRANDE. Più grande di una regina. Io sono l’imperatrice del circo». Diceva di sé questo, senza presunzione né arroganza, perché in fondo è vero, Moira Orfei regnava da oltre settant’anni sulla pista di sabbia, sotto il tendone del suo circo, su tutti i circhi del mondo. Bellissime, lei con la faccia dipinta di trucco, e la cofana di capelli corvini (De Laurentiis le consigliò di tenerla a vita, per essere riconoscibile fra le tante bellezze formose a venire), vezzi così sinceri, così ruspanti, da non poter suscitare altro che dolce ammirazione. E un carattere da leonessa, sebbene lei con i leoni abbia poco avuto a che fare, solo un po’ agli inizi, perché poi è stato il marito «arabo» Walter Nones, conosciuto in Kuwait, un corpo arabescato dalle cicatrici lasciate dai denti delle tigri, a maneggiare le belve feroci, e a domare la bisbetica bellezza della moglie mezza italiana e mezza zingara pratica di malocchio («Ma solo da togliere a chi ce l’aveva addosso, io non l’ho mai fatto»). Si sono fatti compagnia, Moira e Walter per oltre cinquant’anni, dal giorno del matrimonio.

IERI MATTINA all’alba l’Imperatrice è scivolata via dalle braccia di Walter e dei loro due figli, Lara e Stefano. L’altra sera, di ritorno dall’ospedale dove era stata brevemente ricoverata, si era addormentata come un giorno qualunque ma la mattina non si è più svegliata. È morta silenziosamente in un mausoleo già pronto, la sua casa su 24 ruote che da oggi sarà anche la sua camera ardente. Pizzi rosati, divani di piuma, cuscini di strass, tavoli di cristallo, la foto di Fellini accanto a quella di Padre Pio, le statuette dei suoi elefanti, e sotto alla scaletta e intorno al gancio di traino della gigantesca casamobile, i suoi sudditi: giocolieri, angeli volanti, clown, contorsionisti, cani ballerini e cavalli viennesi, tutti racchiusi nel silenzio a piangere la loro Signora dalla pelle candida e dalle labbra rosso vermiglio. È morta a Brescia, Moira Orfei, nell’ultima tappa cittadina del suo ambaradan. Un pianto breve, perché per volontà di Nones, dei figli e dei nipoti, il circo andrà avanti, ieri sera i clown hanno riso col pianto sotto la maschera e di notte via a smontare e mettersi in viaggio per Milano. C’è poco tempo per piangere quella donna esuberante, risalita dal buio di un ictus (nel 2001), noncurante di un femore rotto, che ogni sera, fino ai suoi 83 anni (84 il 21 dicembre prossimo), scendeva dal carrozzone ed entrava in pista solo per salutare il pubblico con gli elefanti intorno, rampanti e ammansiti.

NEL CIRCO ci nasce, Moira, e ci lavora dall’età di sette anni, quello spettacolo ambulante è una cosa di famiglia da cui lei non può staccarsi. Cavallerizza, domatrice di belve e colombe fino ad approdare ai giganti della Terra, che con leggerezza quasi disneyana portarono nelle proboscidi i fiori alle sue nozze. Ci aveva provato il cinema, a portarla via, ma non c’è riuscito. Decine di film, fra cui “Signore & signori” di Germi, “Casanova ’70” insieme a Marcello Mastroianni («Mastroianni mi ha fatto una corte fine, elegante», confessò una volta) e “Profumo di donna” con Vittorio Gassmann. «Il cinema mi annoiava – ripeteva sempre –. Però ho fatto 47 film. Con Fellini, Gassman, Manfredi, Tognazzi, Vianello e Totò che mi voleva regalare un appartamento da 30 milioni. Voleva che andassi a letto con lui non per far chissà che, ma solo per guardarmi e farmi accarezzare. Ma io ero innamorata e fedele a mio marito, e gli risposi: “Nel caso cambiassi idea, sappia, principe, che sarà il primo uomo con cui andrò a letto”».

DOPO OTTO giorni filati in una stanza d’albergo, per esigenze di set, ritornò alla traballante reggia mobile, il suo castello di libertà. «Abbiamo una villa a San Donà di Piave, ma io chiusa fra i muri non ci posso stare, voglio i rumori della mia gente intorno, le voci, i ruggiti, i pianti dei bambini e le loro risate, lo schiocco secco del telone quando si alza in piedi». Ieri, senza di lei, lo spettacolo è andato avanti: accanto al tendone, il suo carrozzone funebre è stato inondato dall’eco dei dieci minuti di applausi del pubblico e dallo sventolio delle bandiere con la sua faccia e con i colori di Francia e Italia. Tutto insieme, appassionatamente.