Monica Maggioni. Da inviata a presidente

PRESIDENTE RAIQuando esordì in video con la conduzione di «Unomattina», parliamo del lontano maggio 1998, la Rai ribollì. Fu l’allora direttore del Tg1, Marcello Sorgi, a scegliere quella sconosciuta neoassunta dopo anni di precariato per «gettare un sasso nello stagno». Le reazioni (proteste sindacali, dimissioni del comitato di redazione del Tg1) furono roventi, come quella di Antonella Clerici: «Sarà anche brava ma è una miracolata». Cinque anni dopo, intervistata su «Sette» nell’agosto 2003 da Claudio Sabelli Fioretti, non mostrò alcun rancore: «Aveva ragione. Fui molto fortunata».

Il carattere della neopresidente Rai è un po’ tutto lì. Nell’evitare scontri pubblici, nello scansare le trappole che scattano a viale Mazzini e a Saxa Rubra quando qualcuno procede con assoluta ed esplicita determinazione, sapendo di allungare la lista dei nemici che parlano di arrivismo, di carrierismo, di mancanza di scrupoli. La presidente Maggioni, classe 1964, viene da una famiglia che lei definisce «non privilegiata»: madre impiegata di amministrazione a Il Giorno , padre operaio e sindacalista «duro» alla Pirelli Bicocca. Da loro ha imparato un’etica molto precisa: «Con l’impegno e il sacrificio si può ottenere ciò che si vuole, io ho sempre lavorato come un mulo».

Le prime collaborazioni ai giornali risalgono ai 16 anni. Poi, nel 1992, la selezione per il master in telegiornalismo alla neonata scuola di Perugia, due anni di lavoro a Euronews, i primi contratti a tempo determinato a Rai Uno (TvSette), l’assunzione e la conduzione immediata di «Unomattina». L’anno dopo è già impegnata in reportage dall’estero: Sudafrica, Mozambico. Ancora «Unomattina» nel 2000 e poi di nuovo in giro per il mondo: Israele, Medio Oriente, Stati Uniti. Nel 2003 è al centro dell’ennesima polemica. È l’unica giornalista italiana «embedded», ammessa tra i militari Usa per raccontare la seconda Guerra del Golfo dal loro punto di vista. La accusano di aderire acriticamente alla logica Usa ma lei respinge l’attacco: «Senza essere “embedded” non avrei mai potuto raccontare un pezzo di mondo, un angolo di guerra che altrimenti non si sarebbe visto. Trovo insopportabile che quella parola venga usata come il velinaro di una volta». E per difendere quei due mesi di servizi Rai scrive «Dentro la guerra-Il conflitto iracheno raccontato da una reporter al seguito dei militari americani», edito da Tea.
Copre la guerra da Baghdad fino al gennaio 2005. Approda all’ambitissima conduzione del Tg1 delle 20 nel febbraio 2007.

Nel frattempo la schiera degli avversari si irrobustisce perché la carriera non si ferma: caporedattore Esteri del Tg1 (2009), capo degli Speciali del Tg1 (2010). Simpatie politiche? Argomento complesso. Radici a sinistra, soprattutto per l’eredità paterna. Ma il lungo legame sentimentale con il giornalista Gian Micalessin, oggi editorialista de Il Giornale e da giovane militante del Fronte della Gioventù a Trieste, la mette in contatto con altri universi. La sua firma appare nel 2011 sotto il «documento dei 90» a favore dell’allora direttore del Tg1, Augusto Minzolini.
Però nel 2012, quando si tratta di moderare in prima serata su Raiuno il 28 novembre il faccia a faccia Pier Luigi Bersani-Matteo Renzi al secondo turno delle primarie del centrosinistra, i due candidati concordano sulla sua conduzione. Risultato: 6.5 milioni di ascoltatori. Lei ironizza: «Mi viene da ridere, sono ascolti da Canzonissima». Nel gennaio 2013 la direzione di Rainews 24 più Televideo nel quadro della riorganizzazione firmata dal direttore generale uscente Luigi Gubitosi: due principali testate giornalistiche (newsroom) nel futuro Rai, una imperniata sul Tg1 e l’altra su Rainews24. Inevitabili gli scontri interni, soprattutto in area Tg3. Il direttore Bianca Berlinguer boccia il piano Gubitosi, e nei corridoi Rai si parla di un duello per la guida della newsroom 2 proprio con la Maggioni, ma le due smentiscono.

L’ultima scelta editoriale forte di Maggioni a Rainews24 è la decisione di non mostrare più i terribili filmati dell’Isis: «Noi non vogliamo diventare parte della loro propaganda. Anche perché ci chiediamo dove arriveranno». Nel suo ultimo libro uscito pochi giorni fa da Laterza («Terrore mediatico») riprende il tema e si rivolge ai colleghi giornalisti: «Non siamo lo specchio della società, agenti incolpevoli della riproduzione del reale. No, spesso siamo parte del farsi della scena. Costruiamo pensieri privati e reazioni collettive. Alimentiamo dibattiti e spegniamo sensibilità. Illuminiamo volti e nascondiamo mondi». A viale Mazzini c’è chi assicura che la presidenza Maggioni sarà sorprendente. Si vedrà.

Fonte: CORRIERE DELLA SERA