Monica Sanchi annuncia un memoriale:
«Mi fidavo di lui, non sono un’assassina»
«Mi fidavo di lui, non sono un’assassina»
«NON SONO un’assassina, mi sono fidata di Dritan». Monica Sanchi non ci sta a fare la parte della ‘cattiva’, e dal carcere di Forlì, tramite il suo avvocato, Nicola De Curtis, annuncia un memoriale. Una sorta di ‘diario’ scritto in cella, e che ha intenzione di rendere pubblico. Domani verrà interrogata dal giudice per le indagini preliminari e darà la sua versione di questa incredibile storia. Ma già anticipa che si difenderà dalle accuse che sono contenute nell’ordinanza che le hanno notificato in carcere qualche giorno fa.
DEVE essere stato un choc, per lei, scoprire che il 2 giugno non sarebbe tornata libera, così come era stato disposto dal pubblico ministero di Como. Aveva già annunciato che avrebbe distribuito il momeriale in questione ai giornalisti, quando i carabinieri del Nucleo investigativo di Rimini in corsa contro il tempo, le hanno ‘consegnato’ l’ordinanza che l’accusa di entrambi gli omicidi, quello di Silvio Mannina e quello di Lidia Nusdorfi. Ma la svolta data dagli inquirenti, sta nel fatto che le indagini fatte in queste settimane li hanno convinti che Monica ha infilato una lunga serie di bugie. E che non è mai stata la fidanzata spaventata succube di un uomo perfido e violento, ma la compagna-complice del killer. Del tutto consapevole, dicono, che lui avrebbe ucciso due persone. Secondo la ricostruzione degli investigatori, oltre ad avere attirato a Rimini Mannina, Monica ha affiancato Dritan quando questo, il giorno precedente al delitto, ha pianificato la mattanza. Erano insieme quando sono andati a comprare le manette con cui l’avrebbero immobilizzato, insieme quando hanno acquistato il nastro adesivo con cui chiudere il ‘sudario’. E sempre insieme hanno fatto il sopralluogo al lago Azzurro, per vedere se era la ‘tomba’ adatta per un poveraccio destinato a morire, solo perchè Dritan doveva strappare un appuntamento a Lidia. C’è stato un momento, dicono, in cui Monica poteva fare marcia indietro. La sera in cui hanno portato il corpo di Silvio al lago, è rimasta sola per un po’. Poteva telefonare ai carabinieri, ma non l’ha fatto. Condannando così a morte anche Lidia. Il Resto del Carlino
DEVE essere stato un choc, per lei, scoprire che il 2 giugno non sarebbe tornata libera, così come era stato disposto dal pubblico ministero di Como. Aveva già annunciato che avrebbe distribuito il momeriale in questione ai giornalisti, quando i carabinieri del Nucleo investigativo di Rimini in corsa contro il tempo, le hanno ‘consegnato’ l’ordinanza che l’accusa di entrambi gli omicidi, quello di Silvio Mannina e quello di Lidia Nusdorfi. Ma la svolta data dagli inquirenti, sta nel fatto che le indagini fatte in queste settimane li hanno convinti che Monica ha infilato una lunga serie di bugie. E che non è mai stata la fidanzata spaventata succube di un uomo perfido e violento, ma la compagna-complice del killer. Del tutto consapevole, dicono, che lui avrebbe ucciso due persone. Secondo la ricostruzione degli investigatori, oltre ad avere attirato a Rimini Mannina, Monica ha affiancato Dritan quando questo, il giorno precedente al delitto, ha pianificato la mattanza. Erano insieme quando sono andati a comprare le manette con cui l’avrebbero immobilizzato, insieme quando hanno acquistato il nastro adesivo con cui chiudere il ‘sudario’. E sempre insieme hanno fatto il sopralluogo al lago Azzurro, per vedere se era la ‘tomba’ adatta per un poveraccio destinato a morire, solo perchè Dritan doveva strappare un appuntamento a Lidia. C’è stato un momento, dicono, in cui Monica poteva fare marcia indietro. La sera in cui hanno portato il corpo di Silvio al lago, è rimasta sola per un po’. Poteva telefonare ai carabinieri, ma non l’ha fatto. Condannando così a morte anche Lidia. Il Resto del Carlino