«HANNO cacciato mio figlio dalla classe perché è gay». La denuncia della madre di un sedicenne esplode in una scuola religiosa del capoluogo brianzolo e rimbalza fino al Parlamento, in un susseguirsi di accuse e prese di posizione. Tutto comincia mercoledì scorso da una foto che il ragazzino, al secondo anno del corso per baristi dell’Ente cattolico di formazione professionale, posta su Instagram. Sul social network chiarisce i suoi orientamenti sessuali: fa ‘outing’, come si dice.
E LO sottolinea con un’immagine nella quale appare seminudo, accanto a un amico. Tanto basta per scatenare un tornado di voci, sussurri e risate. Il ragazzino viene fatto uscire dalla classe e affidato a un educatore.
Ma i genitori, appena saputo, si infilano in caserma dai carabinieri, che sulla vicenda indagano, e si presentano coi militari a scuola: «I compagni hanno segnalato la foto e nostro figlio è stato costretto dal preside a uscire dalla classe e a stare per diversi giorni in corridoio». È seguita poi la denuncia. «Anche perché quella foto era solo uno scatto dell’estate, non fatta a scuola, a mezzobusto».
«UNA FOTO pedopornografica», ribatte il preside, Adriano Corioni, che si difende. Sta di fatto che, comparsa la foto, i ragazzi di un’altra classe la segnalano al dirigente, dicendo di aver contattato Instagram per fare sparire il post.
«Per evitare cattiverie, ritorsioni e polemiche – spiega ancora il professore – mercoledì e giovedì abbiamo fatto uscire dalla classe il ragazzo, affiancato da un nostro educatore, in attesa di parlare con la mamma e con gli operatori dei Servizi sociali del Comune che lo hanno in carico, per capire insieme come affrontare il discorso in classe. Tutte le decisioni adottate sono state fatte nell’esclusivo interesse del ragazzino. E non è stato in corridoio. Noi non facciamo discriminazioni. I ragazzi devono imparare a non postare foto compromettenti sui social, ma per noi la storia è chiusa».
NON lo è invece per la mamma, che chiede «giustizia» e per la politica, che ieri è saltata sulla vicenda con un turbine di proteste, note indignate, da destra e da sinistra. Il Pd, con Alessandro Zan, denuncia la gravità dell’episodio. Mara Carfagna (FI), chiede al governo di «investire sulla prevenzione dell’omofobia», i Cinque Stelle puntano il dito sulla Regione Lombardia, che dà sostegno economico alla scuola, mentre si muove anche il garante per l’Infanzia, Vincenzo Spadafora, che annuncia di voler «sentire la famiglia» e «punire eventuali errori».
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