Morti in corsia a Saronno, nelle intercettazioni i piani della coppia arrestata

coppia-cazzaniga-taroniTutti sapevano, ma nessuno parlava. La morte ha camminato nei corridoi dell’ospedale di Saronno per mano di un medico del Pronto soccorso, che secondo quanto emerso dall’inchiesta avviata dalla procura di Busto Arsizio praticava di fatto l’eutanasia Consapevolmente, a quanto risulta dalle intercettazioni. Leonardo Cazzaniga, 60 anni, di Rovellasca (Como) lo faceva con la complicità della sua infermiera-amante, Laura Taroni, 40 anni, di Lomazzo (Como). Lui e lei sono stati arrestati con l’accusa di omicidio volontario.
Sembra destinato a salire il numero delle morti sospette. Le indagini, coordinate dalla Procura di Busto Arsizio (Varese), si starebbero ampliando: dopo la morte del marito della Taroni, di cui la coppia è accusata in concorso, e dopo i decessi di altre quattro persone secondo le accuse uccise dal medico in corsia, ci sarebbero altre possibili vittime del cosiddetto «protocollo Cazzaniga». La Procura, infatti, contestualmente agli arresti, ha sequestrato copiosa documentazione relativa a tutti i casi di decesso gestiti da Cazzaniga in pronto soccorso negli ultimi anni prima dei quattro presunti omicidi di cui è accusato. Non solo, gli investigatori stanno anche lavorando alla ricostruzione dei decessi del padre del medico (morto in ospedale mentre Cazzaniga era di turno) e della madre della sua compagna, con la quale la stessa aveva un pessimo rapporto.

L’accusa nei confronti del medico è emersa dopo che un’infermiera dell’ospedale, insospettitasi, nel 2011 aveva segnalato i suoi dubbi alle autorità ospedaliere. Ne era scaturita un’indagine interna, che di fatto però si era conclusa con l’archiviazione. Con questa motivazione: dai fatti contestati non era risultato un comportamento «grave a tal punto di segnalare la cosa all’autorità giudiziaria».

Proprio per questo il caso per ora circoscritto al dottor Cazzaniga e alla sua infermiera-amante potrebbe estendersi ad altri esponenti dell’ospedale. Possibile che nessuno fosse a conoscenza del «protocollo Cazzaniga», quando in realtà era sulla bocca se non di tutti almeno di molti? Sono 14 (finora) le persone indagate in ambito ospedaliero, di cui 11 medici. Tra questi il primario del Pronto Soccorso di Saronno e due direttori sanitari, quello attuale e il suo predecessore.
Gli indagati sono accusati a vario titolo di omessa denuncia e favoreggiamento personale, falso ideologico per aver certificato false patologie per convincere una delle vittime di una malattia inesistente. Tuttavia le indagini dei carabinieri di Saronno (Varese), coordinate dalla Procura di Busto Arsizio, hanno portato alla luce una dinamica omicida che legittima l’ipotesi di eutanasia praticata in modo tanto scientifico quanto sistematico. Il medico aveva messo a punto un cocktail di farmaci (Morfina, Midazolam e altri potenti sedativi) in modo da uccidere in modo lento. Secondo l’accusa cominciava a somministrare i suoi cocktail letali ai pazienti ritenuti irreversibili fin dal loro arrivo al pronto soccorso. A portare gli investigatori sulle sue tracce è stata la denuncia di un’infermiera che, dopo essersi detta stanca di essere maltrattata in ospedale, ha parlato di un medico «dalle strane procedure». Così i carabinieri hanno iniziato a indagare sia in corsia che nella vita privata dell’anestesista. E hanno accertato che i due sarebbero responsabili della morte del marito di lei. La donna si sarebbe convinta ad ucciderlo somministrandogli di nascosto farmaci che lo avrebbero portato ad una morte lenta. Il tutto dopo aver preso spunto dal «protocollo» del compagno, nel frattempo resosi responsabile della morte di almeno altre quattro anziani. Secondo i carabinieri, almeno quattro delle persone «curate» da Cazzaniga non sarebbero morte di lì a poco tempo senza l’intervento del cocktail di farmaci da lui preparati. A finire così nel registro degli indagati per favoreggiamento e omessa denuncia, il primario del Reparto di Pronto Soccorso di Saronno, il direttore sanitario all’epoca dei fatti e l’ attuale direttore sanitario di Saronno, insieme ad altri tre medici. Accuse più pesanti invece, nei confronti di altri tre dottori, accusati di aver refertato diagnosi ritenute false al punto da indurre il marito dell’infermiera a credere di essere malato di diabete.
Le intercettazoni. Le intercettazioni raccolte nell’ordinanza di custodia raccontano i dialoghi choc tra medico e infermiera. «Secondo te potrei essere accusato di omicidio volontario? (…) Se si documenta che ho praticato l’eutanasia…io non sono neanche l’unico», diceva all’amante in un’intercettazione. E lei: «L’eutanasia è un’altra cosa (…) cioè tu firmi e ti fanno un cocktail di farmaci (…) loro non riuscivano nemmeno a respirare». A fronte di questa passione sfrenata, di questa complicità totale, la vicinanza quotidiana del marito 45enne «che pretendeva rapporti sessuali» e a cui la moglie «metteva dei medicinali nell’acqua per abbattergli la libido» doveva sembrare una sofferenza insopportabile ai due folli amanti. Laura viveva anche con i due figli di 11 e 8 anni. Una convivenza forzata in una villetta su due livelli, una volta la casa padronale di una florida azienda agricola, e oramai solo una decadente abitazione, mezza ristrutturata e mezza no, con il giardino incolto. Di fianco a loro, in una casa su tre livelli, ben tenuta, vivono invece i parenti dell’uomo che lei «odiava», come si evince senza mezzi termini da intercettazioni. Così alla fine, prendendo ‘esempio dal protocollo di farmaci usato per la sua ‘dolce morte’ – conosciuto da molti colleghi come il «protocollo Cazzaniga» – è scattato il piano «delle menti omicide messe insieme così geniali» per eliminare il marito. Che prevedeva «del cardiotonico e dei betabloccanti nel caffè» giorno dopo giorno, contemporaneamente facendogli credere (grazie alla complicità di altri medici, ora indagati) che fosse molto malato. Lui alla fine è morto nel giugno del 2013 (la Procura ritiene che si sia trattato di omicidio) e allora il delirio si è spostato sui parenti superstiti e ha coinvolto anche uno dei due figli della donna in orrendi ragionamenti di morte. «Ma poi la nonna Maria la facciamo fuori…», e «Poi c’è tua zia Gabriella… (…) Le avresti fatte sparire così? Non è così semplice, sono grosse! L’umido da noi passa solo una volta a settimana (…) non abbiamo più neanche i maiali». Una verità, al di là dei rapporti di facciata dura, aspra, terribile. Tanto che Gabriella oggi non si affacciava nemmeno alla finestra, per sfuggire alle telecamere dei giornalisti che assediavano la casa, certo, ma anche, forse, per vergogna, con il marito costernato che ripeteva «non abbiamo niente da dire». Intorno i capannoni ipotecati, le stalle senza più animali, i debiti. «Noi abbiamo un’arma segreta che loro non sanno», diceva l’infermiera ai figli pensando alla successione e a come uscire dai guai economici. «Papà non ha messo l’ipoteca sull’azienda ma sulla casa degli zii». «Prima c’è il nonno, poi ci sono io e la nonna Maria (deceduta per cause naturali, morte ora al vaglio degli inquirenti, ndR) quindi metà e metà». «Ma poi la nonna Maria la facciamo fuori», replicavano i ragazzi. «La Nene possiamo far fuori quando vogliamo e anche la zia Adriana».

messaggeroveneto.it