
(ANSA) – CASERTA, 03 OTT – Non ci sarà probabilmente nessun
colpevole per i 19 lavoratori morti e gli 82 malati per
esposizione all’amianto alla Firema, storica azienda di Caserta
– oggi denominata Tfa dopo l’acquisizione nel 2015 da parte
degli indiani di Titagarh – che produce carrozze ferroviarie. Il
sostituto della Procura di Santa Maria Capua Vetere Giacomo
Urbano ha infatti chiesto l’assoluzione per mancanza di prove
per sette ex dirigenti della Firema imputati per omicidio e
lesioni colpose, ovvero per gli ex amministratori delegati Mario
Fiore e Giovanni Fiore e per gli alti ex dirigenti Enzo
Ianuario, Maurizio Russo, Giovanni Iardino, Giuseppe Ricci e
Carlo Regazzoni. Ricci e Russo erano già usciti indenni per
assoluzione dal primo processo, in cui la Procura aveva
contestato il reato più lieve di rimozione e omissione dolosa di
cautele contro infortuni sul lavoro.
Poi l’ufficio inquirente aveva aperto una seconda indagine
per omicidio colposo, indagando altri amministratori succedutisi
negli anni, e percorrendo una strada simile a quella della
Procura di Torino in relazione alla vicenda dell’Eternit, dove
il proprietario dell’azienda, l’imprenditore svizzero Stephan
Schmidheiny, era stato salvato in Cassazione dalla prescrizione
dopo essere stato condannato in primo e secondo grado a 16 e 18
anni per disastro colposo in relazione a decine di decessi per
amianto; l’ufficio inquirente aveva così deciso di aprire un
nuovo fascicolo a carico di Schmidheiny per omicidio doloso (poi
derubricato in delitto colposo), sfruttando anche una sentenza
della Corte Costituzionale del 2016, che aveva dichiarato
l’imprenditore processabile nuovamente senza che venisse violato
il principio giuridico del “ne bis in idem”.
A Santa Maria Capua Vetere le testimonianze dei lavoratori
malati non sono state però precise né ritenute rilevanti; troppo
il tempo passato dai fatti, antecedenti al 1990 quando l’amianto
fu eliminato dall’azienda, così molti ex dipendenti non
ricordavano. Si torna in aula a metà ottobre. (ANSA).
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