Mps, il Governo prepara lo «scudo»

monte paschiIl gap di capitale, formalmente, non c’è ancora. Ma tra la (probabile) bocciatura agli stress test in corso e la richiesta (certa) della Bce di cedere entro il 2018 9,6 miliardi di crediti deteriorati netti, il Monte dei Paschi di Siena avrà presto bisogno di risorse fresche. È per questo che sul mercato si vende e che il Governo lavora a uno “scudo” per Siena. Sapendo che, all’occorrenza, potrà essere utilizzato anche per altre banche in crisi.

Tra i protagonisti della vicenda la situazione è nota da settimane, ma ieri è deflagrata dopo che Repubblica ha scritto di una lettera arrivata a Siena – alla vigilia del voto su Brexit – in cui si chiede di alleggerire gli npl netti da 24,2 a 14,6 miliardi entro il 2018, praticamente il doppio di quelli previsti dal piano industriale della banca. L’obiettivo è di dimezzare l’Npl ratio al 20% e in teoria ci sono due anni e mezzo di tempo, ma comparando i valori di carico (già bassi) della banca con i prezzi di mercato emerge un fabbisogno di capitale aggiuntivo di circa 4 miliardi: così si spiega l’ondata di vendite scattata ieri sul titolo, finito più volte in asta di volatilità. A fine seduta il tonfo è stato del 13,99%, con una capitalizzazione precipitata sotto il miliardo: quanto basta per far accelerare la banca nella stesura del nuovo piano per la cessione degli Npl e il Governo nella messa a punto dell’intervento pubblico nel capitale.

Il capitale
I due piani, di fatto, sono collegati. Perché è con le cessioni degli Npl che emergerà il fabbisogno di capitale che lo Stato, del tutto o in parte, dovrà colmare. Anche se è probabile – o per lo meno paiono queste le intenzioni del Governo – che si parta dal fondo, cioè dalla ricapitalizzazione della banca, per metterla in condizione di alleggerirsi senza ulteriori patemi dei 10 miliardi di Npl così come richiesto dalla Bce.
Il nodo che sta cercando di sciogliere il Tesoro è tecnico e politico. Perché da un lato bisogna trovare lo schema che consenta di iniettare risorse pubbliche, e dall’altro evitare il muro contro muro con la Commissione europea, la Germania rigorista e la Bce. L’ipotesi più probabile al momento è quella d ella ricapitalizzazione precauzionale a carico dello Stato – direttamente o magari attraverso Cdp – e collegata agli stress test, espressamente prevista dall’articolo 32 della direttiva Brrd (si veda l’articolo nella pagina qui a fianco):?la norma va interpretata ma uno spiraglio pare esserci, comunque più ampio rispetto ad alternative quali la sospensione del bail-in o le garanzie pubbliche anche sulle tranche junior dei titoli derivanti da cartolarizzazioni. Oggi, si diceva, il Monte vale meno di un miliardo:?un ricapitalizzazione, nei fatti, è destinata a consegnare allo Stato, o a chi per esso, la banca.

I crediti deteriorati

In parallelo, tra Tesoro, Cdp e Via Nazionale si lavora per una ricapitalizzazione di Atlante e sulle Gacs, che ancora aspettano le ultime norme applicative, per mettere il Monte in condizione di cedere i 9,6 miliardi di Npl prescritti dalla Bce. Un piano, questo, su cui c’è fermento anche a Siena: dopodomani, secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, il cda della banca esaminerà una prima proposta da inviare alla Bce, che avrà tre settimane di tempo per reagire. Per redigere il nuovo piano di smaltimento, però, ci sarà tempo fino al 3 ottobre prossimo:?secondo quanto risulta, la banca sta studiando un mix di azioni che comprende la cessione di alcuni portafogli, lo scorporo in una bad bank interna di un’ampia fetta di Npl ma soprattutto la cessione della struttura – uomini e mezzi – di gestione delle sofferenze, un dossier che vede Mediobanca nei panni dell’advisor;?si punta a costituire una piattaforma (sul modello di Uccmb/DoBank) in tandem con un investitore, a cui dovrebbe finire l’80% del veicolo;?ad agosto sono attese le offerte non vincolanti, da parte di soggetti che – sulla carta – potrebbero essere interessati anche ai titoli di junior delle cartolarizzazioni.

Il Sole24ore.com