Mps si azzera in Borsa. Bce: ‘il capitale ostacola le nozze’

Mps riparte da zero in senso (quasi) letterale. Le azioni della banca più antica del mondo, nell’ultima seduta di Borsa prima dell’avvio dell’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro, hanno registrato un nuovo tracollo, trascorrendo gran parte della seduta senza riuscire a scambiare e chiudendo con un tonfo del 42% a 9,9 euro.

Polverizzato a 99 milioni di euro, meno dei 125 milioni di salatissime commissioni che pagherà alle banche del consorzio di garanzia, il valore del Monte, che solo cinque anni fa era stato ricapitalizzato con oltre 8 miliardi, di cui 5,4 dei contribuenti, e che negli ultimi 11 anni ha chiesto al mercato, esclusi i 2,5 dell’aumento in corso, 18,5 miliardi, bruciandoli tutti.

A pesare sul tracollo la natura iperdiluitiva dell’operazione che partirà lunedì e riverserà sul mercato 374 azioni ogni 3 in circolazione, al prezzo di 2 euro l’una. Alla riapertura di Borsa i titoli inizieranno a trattare ad un prezzo di 2,063 euro per effetto dello stacco di un diritto di opzione che vale 7,837 euro. La Consob, dopo aver autorizzato il prospetto, ha messo in guardia dal “rischio” di “una forte volatilità del prezzo delle azioni” che potrebbe portare a una “sopravvalutazione del prezzo di mercato” rispetto al “valore teorico”. Per contenere queste anomalie è stato adottato il metodo del ‘rolling’, che consentirà gli arbitraggi volti a riallineare il prezzo delle azioni negoziate in Borsa a quello espresso attraverso i diritti.

Dal prospetto informativo emergono intanto elementi e rischi dell’operazione, la cui riuscita è comunque blindata da un consorzio di otto banche e da Algebris, che garantiranno il potenziale inoptato (857 milioni di euro, al metto degli 1,6 miliardi che il Tesoro si è impegnato a iniettare e dei 37 milioni promessi da un pugno di investitori). I garanti percepiranno 125 milioni di euro, una somma pari al 14,6% della parte dell’aumento coperta da garanzia, in parte da destinare ai subgaranti – tra cui Axa, Denis Dumont, alcuni fondi esposti sui subordinati – su cui hanno riversato circa 500 milioni di rischio sull’inoptato.

La maxi-commissione avrà un impatto negativo di 15 punti base sui target di capitale messi a piano per il 2024 da Mps, che stima un Tier1 ratio al 14,2%, 150 punti base al di sotto l’attuale media delle banche significative italiane e di 70 punti sotto la media europea, rileva la Bce. “Il persistere di tale gap, nel lungo periodo, potrebbe rappresentare un possibile ostacolo a future operazioni di fusione con un partner industriale”, è l’ammonimento che la Vigilanza ha mosso a Mps nella bozza di decisione Srep riportata nel prospetto, sollevando dubbi sull’adeguata capitalizzazione della banca anche dopo l’aumento.

Aumento che peraltro “rappresenta il presupposto imprescindibile, unitamente alla realizzazione del piano industriale 2022-2026” per “il mantenimento” della continuità aziendale. E se l’ “elevato rischio di esecuzione” della ricapitalizzazione può dirsi superato grazie al consorzio di garanzia, la realizzazione del piano dovrà fare lo slalom con una serie di ostacoli, come le “tensioni sullo spread” che posso far alzare il costo della raccolta, i rischi di successo delle iniziative commerciali che devono sostenere la crescita delle commissioni, un aumento dei crediti deteriorati per effetto della congiuntura e rischi legali fuori dal “pieno controllo” della banca.

“La capacità di Mps di generare redditività robusta e stabile – avverte la Vigilanza – sarà raggiunta solo se, dopo l’esecuzione dell’aumento di capitale, il management sarà capace di realizzare nei tempi dovuti tutti gli obiettivi del nuovo piano, dimostrando nel corso di un periodo di tempo sufficientemente esteso che le debolezze strutturali sono state superate definitivamente”. La sfida per l’ad Luigi Lovaglio, a cui va ascritto il merito di aver fatto partire l’aumento in condizioni difficilissime, è appena cominciata.
   


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