L’Afghanistan è in guerra da sempre, ma in Afghanistan non sempre è facile morire. Il capo talebano mullah Omar, protagonista del conflitto degli ultimi quattordici anni che coinvolge anche noi italiani, è stato dato per morto innumerevoli volte dopo la sua leggendaria fuga in motocicletta che nel 2001 gli consentì di sfuggire agli americani e di riparare in Pakistan. Poi, mercoledì, Omar è morto davvero. L’intelligence afghana ha confermato ufficialmente ed è stata ritenuta «credibile» dalla Casa Bianca, anche se alla loro inedita trasparenza gli 007 di Kabul hanno voluto aggiungere un pizzico di veleno: il decesso avrebbe avuto luogo per cause naturali nell’aprile del 2013, in un ospedale di Karachi. Perché, allora, dirlo soltanto ora? Forse per reagire alla notizia pubblicata da due giornali pachistani presumibilmente anch’essi «ispirati» dai servizi locali?
Il rompicapo potrebbe far sorridere se non nascondesse un braccio di ferro tra pace e guerra che promette di risultare decisivo per il futuro dell’Afghanistan, e di conseguenza anche per quello della presenza militare italiana. Non può essere un caso, infatti, che la prima conferma ufficiale della morte del mullah Omar sia giunta nell’immediata vigilia di un appuntamento ritenuto cruciale tra negoziatori vicini al presidente afghano Ashraf Ghani da un lato e rappresentanti talebani dall’altro.
Fonte: CORRIERE DELLA SERA