San Marino. “Noi il mercato ce l’abbiamo già, ce lo siamo conquistati da soli ed esportiamo già dappertutto”. Parla un imprenditore sammarinese. L’associazione UE non serve a chi lavora, ma a chi vuole comandare … di Marco Severini

Nei giorni scorsi, parlando con un imprenditore serio, concreto, uno che dà lavoro e produce, è venuta fuori una frase semplice, ma che smonta tutto il castello che ci vogliono vendere sull’accordo con l’Unione Europea. Mi ha detto una frase semplice, quasi banale nella sua lucidità:
“Ma noi oggi parliamo di associazione, eppure io già esporto in Francia e in tutta Europa senza problemi da sempre. A me essere associato o meno non cambia nulla. Il mercato ce l’ho già.” 

Una frase che contiene una verità inoppugnabile: gli imprenditori sammarinesi esportano in Europa da sempre, e dal 1991, da quando fu firmato l’accordo di unione doganale tra San Marino e l’UE, poi ratificato nel 1992, questa possibilità è stata rafforzata.
È quello il trattato che ha garantito la libera circolazione senza dazi dei beni sammarinesi all’interno dell’Italia e poi dell’Unione Europea con la conferma e l’approvazione nel 2000 per il circuito europeo.
Vale la pena ricordarlo con chiarezza: l’esportazione sammarinese verso l’Unione Europea è già oggi pienamente garantita dall’accordo doganale del 1991 e c’è sempre stata.
Lo facciamo da sempre, e da oltre trent’anni lo facciamo con più garanzie proprio grazie a quel trattato che è tuttora in vigore e fonte di benessere per la nostra nazione.
Non c’è alcun bisogno dell’accordo di associazione per continuare a vendere in Europa: siamo già dentro.
E il documento T2, che resta anche con l’associazione, non è un dazio, ma solo una formalità doganale di tracciabilità.

Chi lavora lo sa, chi produce lo sa, chi spedisce ogni giorno in Germania, in Francia o in Belgio sa bene che il sistema funziona già. Certo, c’è da presentare il documento T2 (che rimane anche con l’Accordo di Associazione se entrerà in vigore) che è una formalità doganale, nulla di bloccante, ma è grazie al regime già in vigore che i nostri prodotti possono viaggiare in tutta Europa senza barriere tariffarie.

E attenzione: il T2, cioè il documento doganale attuale, rimarrà anche con l’associazione.

Nessuno lo dice chiaramente, ma è scritto nero su bianco.

 Quindi il vantaggio che ci promettono non esiste. È fumo. 

E quando lo spieghi alle persone, capiscono al volo.

La verità è che questo accordo non serve a chi lavora, ma a chi vuole ancora comandare, e a chi, sputando letteralmente in faccia ai cittadini, dicendo che non possono capire l’accordo perchè è molto tecnico e quindi non dovrebbero votarlo, punta a una posizione di potere personale anche in Europa, a Bruxelles.

Questo imprenditore mi ha anche detto:
“Noi dobbiamo rispettare le regole europee che già ci impongono. Ma almeno oggi possiamo ancora dire la nostra, abbiamo un margine. Se firmiamo questo accordo, perdiamo pure quello. Perché lo dovremmo fare?”
Una domanda che qualunque persona di buon senso dovrebbe farsi.

E invece, nei palazzi, si preferisce recitare la solita commedia: si ripete che “l’Europa è il futuro”, che “ci porterà sviluppo”, che “ci darà nuove opportunità”. Ma nessuno spiega nel concreto quali, visto che quelle opportunità già esistono, almeno per chi fa impresa.

Chi fa impresa vuole regole chiare, semplici, stabilità. Non ha bisogno di trattati pieni di clausole e vincoli che nessuno ha il coraggio di spiegare ai cittadini.

E allora viene il dubbio: ma questo accordo a chi serve davvero?
Alla gente? Agli imprenditori? Ai lavoratori? No. C’è l’Erasmus, grande conquista …. che tocca pagare! 

La verità è che serve alla politica!

A quella politica che vuole mettere la bandierina anche a Bruxelles, magari con qualche poltrona o incarico, con qualche seggio nei comitati tecnici, con la scusa di “contare di più”.
Ma contare di più, perdendo il potere di decidere? È questa la logica?

Questa testimonianza diretta, concreta, non teorica, ci dice che la retorica sull’accordo come “apertura al mondo” è una bufala.
Il mondo è già aperto. Le nostre aziende, quelle vere, ci sono già dentro.

Non vogliono più burocrazia, più vincoli, più regole scritte da altri. Vogliono solo continuare a lavorare.

Ecco perché questa associazione non convince più nessuno, se non chi sogna un futuro da burocrate europeo.
Ma chi vive nella realtà, chi lavora, chi crea occupazione, lo ha capito: è un accordo inutile per San Marino e pericolosissimo per la nostra sovranità. 

La verità è che questo accordo non serve a chi lavora, ma a chi si sveglia la mattina alle 10 e vuole decidere sopra le teste degli altri.

 

Marco SeveriniDirettore GiornaleSM