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Non è andata così.
La macchina del fango c’è stata
Feltri e Sallusti maramaldeggiano sulla condanna di Fini e compagnia.
Lo trovo francamente indecente.
Io ero contro Fini in quel periodo.
La vicenda di Montecarlo non gli fa certamente onore. Ma credo che sia stata una leggerezza, una cosa affrontata da lui con leggerezza, in un complesso familiare pesante. Un po’ torbido anche. Ma non credo che lui sia stato attore consapevole della speculazione.
D’altronde la condanna di primo grado esclude riciclaggio o cose simili. Vedremo in appello.
Non lo so.
Poi Fini ha commesso errori politici gravi. Ma questo è un altro discorso.
Ciò che so con certezza è che la macchina del fango ci fu. Feroce. Nel senso di un accanimento particolare.
E so che ha cambiato il corso della storia.
Le cose non andarono come dice Sallusti.
Feltri, Sallusti, allora signor Santanche’, picchiavano duro.
Un uccellino, una uccellina, mi disse che Fini in prima pagina faceva esplodere le vendite de Il Giornale, per il quale allora raccoglieva la pubblicità anche Visibilia.
Naturalmente non era solo una questione editoriale o commerciale, ma vi assicuro che ebbe un ruolo in questa vicenda politica.
Incredibilmente.
Fini non poteva sopportarlo.
Come non sopportava stare in un partito con Berlusconi e sotto Berlusconi con i suoi uomini, ad iniziare da La Russa, avvocato- amico di Santanche’, ormai con Berlusconi.
Ma torniamo al Giornale.
Per Fini era inaccettabile.
Salto molti accadimenti e arrivo al punto.
Fini si apprestava ad avviare la tradizionale festa di fine estate della destra missina e post missina in una località fuori Bologna.
Li avrebbe annunciato la possibile rottura con Berlusconi.
Sarebbe saltato il Governo. E il partito anche. E la maggioranza. Tutto.
Le ore prima erano state frenetiche.
Ci fu una riunione il giorno prima.
Non fra Berlusconi e Fini, ma fra Berlusconi e i suoi principali collaboratori. I principali.
I quali sostenevano la necessità di un accordo.
Che era sostanzialmente questo: il Giornale doveva smetterla. Smetterla.
Berlusconi è vero, telefono’ a Feltri e a Sallusti per dire loro che dovevano smetterla.
Ma non vicino a Fini. Era fra i suoi.
E poi li richiamo’ di nascosto per dirgli che non era vero. Che potevano continuare.
Poi Berlusconi disse ai suoi che non c’era la possibilità di convincere Feltri e Sallusti di smettere. Perché si sarebbero dimessi.
Quindi l’accordo con Fini non c’era e Berlusconi non lo voleva.
Quella di Berlusconi è stata una storia grande, questa, onestamente, fu piccola piccola.
A Berlusconi fu fatto presente che il Governo e la legislatura valevano molto di più delle dimissioni di Feltri e Sallusti.
Che nessuno voleva licenziare.
Berlusconi rispose che Verdini aveva già i voti per poter continuare.
E arrivarono Scilipoti e Razzi e altri.
Fu quello l’inizio della fine di Berlusconi.
L’inizio delle rotture successive.
L’inizio delle disavventure politiche successive.
E la macchina continuo’ poi ancora.
Anche qui. Con un particolare accanimento.
Su Alfano da esempio. Quando ruppe.
Era un metodo.
D’altronde Feltri era stato il direttore de l’Indipendente, quando si disse che Craxi aveva rubato una fontana del centro di Milano. Era falso.
D’altronde Sallusti lavorava con Mieli al Corriere durante Tangentopoli.
D’altronde.
Sergio Pizzolante