Nonni e zia trucidati per 300 euro «Ero fatto di coca, ho perso la testa» Strage di Santhià, il nipote incriminato racconta l’orrore. «Ma li amavo»

strage di SanthiàCi sono momenti in cui la vita va in cortocircuito. E nessuno può aggiustare le cose. Quando la luce si spegne non è possibile mettere in ordine il buio. Vengono le divise, gli psichiatri e le prigioni e ognuno prova la sua parte. Ma dentro l’assenza di ragione quello che resta da fare dopo avere rispettato il copione è stare zitti. La pietà è silenziosa e non giudica, al limite piange senza farsi vedere. Lacrime per i morti, per l’assassino, per chi li amava e li ha visti andare. Esattamente il contrario di quanto sta succedendo in queste ore sulla rete, dove i singhiozzi si sprecano con le maledizioni e le diagnosi frettolose. Nei momenti del cortocircuito non c’è un arbitro da insultare o un avversario su cui tirare le banane. Perdono tutti, interpreti e spettatori. Sono i momenti in cui tutti capiscono che la cosa sta lì, dietro la geometria delle villette ordinate, a un passo dalla luce. Non ha forma e non ha nome. Quando si sveglia si presenta come il lato oscuro e non lo fa per impressionare.
L’OMBRA è la chiave per capire la vita. È lì che covano la malattia e l’assurdo e tutto quello che preferiamo non vedere. Guardando la faccia di Lorenzo, leggendo le leziosità sincere dedicate ai parenti che ha ammazzato, dovremmo fermarci a pensare che siamo tutti tirati da due forze contrapposte, quella buona e quella capace di spazzare via ciò che è sempre stato vero. È un’ottima occasione per stare zitti, appunto, e riconciliarci con i nostri angeli e i nostri demoni. Poi uno dice: ma io non mi drogo, ho le rotelle a posto, a me non può succedere. E comunque conosco un elettricista bravo. Allora è meglio riguardare la faccia di questo bad boy di paese, adorabile con i nonni, adorato dagli amici. E poi ripensare ai 10 mila rwandesi morti sulle strade, ai corpi che saltano sulle mine, alle atrocità che si compiono ogni giorno fra Santhià e i suoi antipodi. Il cortocircuito ci riguarda personalmente. Per qualcuno è il massacro spettacolare, ma dai cali di tensione che al limite rovinano i rapporti e mandano in rovina nessuno è al sicuro. Siamo anche la nostra ombra. E il problema gigantesco che oggi riguarda Lorenzo e domani chissà è la mancata comprensione del buio, l’assenza di compassione. Il Resto del Carlino
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Lo strazio del padre
«Chiedo pietà per Lorenzo»
L’allenatore di volley: «La mia sconfitta più grande»

CHIEDO pietà per mio figlio». Al termine di un’interminabile giornata Gian Luca Manavella affida il suo stato d’animo e tutti i suoi tormenti a un comunicato a firma dell’avvocato Federica Boggio. «Quel che resta — è il terribile inizio — della famiglia Manavella esprime pubblicamente l’insopportabile dolore per la tragica scomparsa di Tullio, Pina e dell’amata Patrizia». Il pensiero per il figlio pluriomicida: «Sono momenti assai difficili da sopportare con le proprie forze e si chiede umana pietà anche per Lorenzo, che porterà per il resto della vita il peso delle sue gravi azioni insieme con chi lo ha amato».
«È la mia sconfitta più grande». Confessione agli amici più stretti di papà Gian Luca, uno sportivo, campione e allenatore di volley, abituato a vincere come a perdere. Contempla il suo mondo familiare distrutto per mano di quel figlio attorno al quale era stata stesa per anni una spessa cortina fatta di protezione e insieme di severità. Il bambino vivacissimo. Il ragazzo inquieto che incappa una volta in una storia di cessione di stupefacenti e un’altra in una bravata vandalica nella scuola materna di Santhià. Niente lavoro, ma lo sport pare essere l’elemento equilibratore nella vita di Lorenzo, giocatore appassionato nella Stamperia Alicese, la squadra di pallavolo allenata dal padre che milita in serie B Nazionale, e d’estate di beach volley sulle spiagge.

GIAN LUCA Manavella era in Sardegna con la compagna Elisa Boero, odontoiatra, impegnata in un corso di aggiornamento. È stato l’amico di sempre Claudio Falabrino, presidente della Stamperia Alicese, ad avvertirlo che il suo mondo era in frantumi. Gli amici lo hanno prelevato all’aeroporto di Linate, lo hanno accompagnato a Malpensa dove Gian Luca aveva lasciato l’auto alla partenza, lo hanno condotto in un albergo perché la villetta bifamiliare di Santhià era stata blindata dai sigilli. Hanno visto il suo pianto e raccolto il travaglio racchiuso nelle sue domande. «La mia famiglia è distrutta. Non riesco a capire come mio figlio sia riuscito a fare questo. Ho sperato fino all’ultimo che non fosse stato lui. La prima cosa che voglio sapere è perché lo ha fatto e cosa è successo». Il resto del Carlino

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Quali sono gli effetti della Cocaina? LA COCAINA agisce come stimolante del sistema nervoso centrale e provoca problemi neurologici irreversibili. Sin dalla prima assunzione, può causare danni al sistema cardiovascolare o celebrovascolare come un attacco di cuore o un ictus.
Tra gli effetti della ‘neve’ la sensazione di benessere ed euforia.