DIETRO le sbarre, con il rosario in mano. Padre Gratien prega, e resta in silenzio durante la prima udienza del processo in Corte d’Assise. Non una parola, nemmeno quando il presidente della Corte, Silverio Tufaro, gli chiede come vuole essere chiamato, se Gratien, Graziano o Alabi. Poco importa, con qualsiasi nome deve rispondere di omicidio volontario, occultamento e distruzione del cadavere di Guerrina Piscaglia, la casalinga scomparsa da Ca’ Raffaello, paesino tra Romagna e Toscana, il 1° maggio 2014.
L’udienza di apertura in Assise, dura meno di mezz’ora. Gratien arriva con il cellulare della polizia penitenziaria che si infila direttamente nel garage del tribunale di Arezzo, così da evitare la folla di cronisti e di curiosi. Indossa l’abito talare, sopra ha un cappottone nero. Nella mano stringe il rosario come fosse un’ancora, continuando a pregare nella gabbia degli imputati. Non degna nessuno di uno sguardo, ma deve avere riconosciuto in mezzo al pubblico le sorelle e la cugina di Guerrina, e il marito Mirco Alessandrini.
Resto del Carlino