«L’ITALIA è il terzo mondo dell’Europa». Lo afferma Osango Benjamin (foto), consigliere diplomatico dell’ambasciata del Congo, che ieri è stato nuovamente al carcere d’Arezzo per far visita al connazionale padre Gratien Alabi, l’ex vice parroco di Ca’ Raffaello accusato dell’omicidio volontario di Guerrina Piscaglia, la donna scomparsa a maggio 2014. Benjamin critica la mancata applicazione del braccialetto elettronico al sacerdote, in carcere dal 23 aprile 2015 e sotto processo in Corte d’Assise.
Il tribunale del Riesame, a inizio dicembre, aveva concesso i domiciliari con il dispositivo elettronico ad Alabi, da scontare nel convento premostratense di Roma. Ma a distanza di un mese mezzo, ancora non vi è traccia di un braccialetto a disposizione per il religioso. Il diplomatico ha voluto far visita al frate, per supportarlo in questa (ormai pesante) attesa. «Quanto sta avvenendo è molto triste – aveva dichiarato ai cronisti nei giorni scorsi – e profondamente ingiusto. C’è molta amarezza e rabbia in noi congolesi. Come ambasciata non possiamo intrometterci, abbiamo fiducia nella giustizia italiana, ma riteniamo che il fatto che Alabi sia uno straniero, influisca su tutto». Quanto al processo, Benjamin è fiducioso: «Non ci sono prove contro di lui». Intanto è stata fissata per il 14 marzo in Cassazione l’udienza sul ricorso presentato dal pm Marco Dioni proprio contro la concessione del braccialetto. Mentre in alta Valmarecchia, tra Ca’ Raffaello e Sestino, i carabinieri continuano le ricerche del corpo di Guerrina.
Resto del Carlino