«VI CHIEDO perdono per quello che ho fatto, per il mio gesto. Ho una malattia incurabile». Lo aveva scritto e annunciato Oscar Leandri su tre fogli, fogli che sono stati ritrovati solo sabato sera, dopo le 20.30, dai carabinieri di Novafeltria e del nucleo investigativo di Rimini nel comodino vicino al letto, nella sua casa di Bertinoro. Si è ucciso, insomma, Oscar Leandri, il 49enne operaio del Comune di Cesena, trovato senza vita all’alba di sabato, in un calanco di Perticara con la testa chiusa in un sacchetto di plastica e le mani legate dietro alla schiena, ma senza alcun segno di violenza. Manca solo l’ufficializzazione dell’esito dell’autopsia, in programma questa mattina, ad archiviare come suicidio la tragica fine dell’appassionato speleologo che era scomparso da casa da giovedì.La svolta al mistero è arrivata sabato sera quando gli investigatori, dopo aver ascoltato per tutta la giornata parenti ed amici, sono entrati nell’abitazione che l’uomo condivideva con la sua compagna e la figlia adolescente che insieme avevano avuto. Fino a quel momento gli inquirenti avevano lasciate aperte tutte le ipotesi, dal suicidio all’omicidio su quel decesso misterioso. Nella camera da letto dell’uomo, i carabinieri hanno trovato, in un cassetto, che nessuno aveva aperto, tre lettere, scritte dallo speleologo, con la data di giovedì scorso. Una era indirizzata alla convivente ed alla figlia dove preannunciava la sua tragica decisione di farla finita, convinto di avere un male incurabile, una patologia che non dà scampo. Sempre in quella missiva, scritta a mano, aveva voluto rivolgere parole dolcissime per la figlia nell’ultimo, disperato abbraccio di un padre che non pensa di avere un domani. Nelle altre due lettere Leandri, con un’indicibile lucidità, ha, invece, lasciato tutte le sue volontà riguardanti le suddivisioni materiali dei suoi beni. Aveva, insomma, preparato a tavolino la sua fine. Nella sua testa pensava di avere una malattia terribile, ma in casa nessuno sapeva nulla delle sue paure. E nessuna indagine sanitaria è stata trovata, fino ad ora, tra le carte di Leandri, che possa confermare i suoi dubbi. Per morire lo speleologo ha scelto un luogo che aveva amato, quegli anfratti di Perticara che aveva studiato meticolosamente, dando vita ad una ricerca con la Federazione regionale speleologica. Ma è la modalità che ha messo in pratica per togliersi la vita quella che più ha sconvolto tutti, inquirenti e parenti. Leandri, che era stato visto per l’ultima volta giovedì alle 14 da un collega, dopo aver lasciato la sua auto a Perticara, aveva camminato fino all’ingresso della miniera: si era messo in bocca una pallina di scotch, poi aveva infilato la testa in un sacchetto di plastica giallo e nero e lo aveva sigillato al collo con diversi giri di nastro adesivo, non riuscendo a tranciare il rotolo. Era stato in grado di legarsi però le mani dietro la schiena le mani con due fascette da elettricista. Poi aveva atteso la morte. Atroce e lenta.
Resto del Carlino