Un’odissea burocratica che si trasforma in un rischio concreto per la salute, costringendo i cittadini a mettere mano al portafoglio per prestazioni che dovrebbero essere garantite dal servizio pubblico. È quanto denuncia oggi, lunedì 22 dicembre 2025, il Comitato “Giù le mani dall’Ospedale Sacra Famiglia”, che ha inviato una segnalazione formale alla Direzione Generale dell’AUSL Romagna e al Direttore del Distretto Rimini Nord. Al centro della protesta c’è l’ennesimo caso di malasanità burocratica in Alta Valmarecchia: un’urgenza oculistica non gestita nei tempi corretti.
Secondo quanto riportato in un comunicato diffuso dal Comitato presieduto da Livio Cursi, la vicenda riguarda una residente della vallata con una prescrizione urgente per rischio glaucoma. Di fronte alla necessità di un intervento tempestivo, il CUP non è stato in grado di proporre un appuntamento compatibile con la gravità clinica della situazione. La paziente, per non rischiare danni permanenti alla vista, si è vista costretta a rivolgersi a una struttura privata per sottoporsi a una iridotomia, sostenendo una spesa tra i 200 e i 300 euro per occhio. Una scelta obbligata che ha portato la cittadina ad avviare la procedura di rimborso, come previsto dalla normativa quando il pubblico non riesce a erogare la prestazione nei tempi di legge.
“Quando un’urgenza certificata non trova risposta nel pubblico non solo il cittadino subisce un danno, ma l’Azienda sanitaria si trova a sostenere costi maggiori attraverso i rimborsi”, sottolineano dal Comitato, evidenziando quello che definiscono un cortocircuito gestionale. “È un paradosso: il sistema pubblico non riesce a garantire la prestazione, e allo stesso tempo finisce per finanziare indirettamente la sanità privata”. Per l’organismo di tutela locale, l’episodio non è isolato ma sintomo di una criticità strutturale: mancano protocolli d’urgenza realmente operativi e le procedure appaiono disomogenee tra i vari presidi romagnoli, creando disparità di trattamento.
La questione assume contorni ancora più gravi se calata nel contesto territoriale dell’Alta Valmarecchia. Le inefficienze sanitarie, unite alla distanza dai grandi centri, rischiano di accelerare lo spopolamento delle aree interne, minando la fiducia nelle istituzioni. “Non è accettabile che per un intervento urgente si debba ricorrere al privato o avviare una procedura di rimborso”, incalza il Comitato. La richiesta rivolta ai vertici dell’AUSL è chiara: uniformare le procedure tra Cesena, Riccione e gli altri distretti e attivare protocolli che impediscano la fuga verso il privato come unica soluzione. “Il diritto alla salute non può dipendere dal portafoglio del cittadino”, conclude la nota, ribadendo la necessità di un presidio pubblico funzionale e reattivo.












