OBAMA THE NEW PRESIDENT OF USA

Barack Obama e’ il 44mo presidente degli Stati Uniti. Il primo presidente nero nella storia americana ha giurato sulla Bibbia di Abramo Lincoln, acclamato da oltre due milioni di persone presenti di fronte al Campidoglio di Washington.

La folla ha gridato ”Obama, Obama”, salutando il nuovo presidente, prima che prendesse la parola per il discorso inaugurale. Come previsto, Obama ha usato il secondo nome ‘Hussein’ nel giuramento presidenziale.

Joe Biden e’ il nuovo vicepresidente degli Stati Uniti. Biden ha giurato sul palco del Campidoglio di Washington, di fronte al giudice della Corte Suprema John Paul Stevens.

Obama ha detto che la sua elezione significa che l’America ha preferito ”la speranza alla paura, l’unita’ di obiettivi al conflitto e alla discordia”.

Il presidente ha teso la mano al mondo islamico non radicale nel discorso dell’insediamento. Rivolgendosi a ”quei leader islamici nel mondo che cercano di seminare zizzania o che danno all’Occidente la colpa dei mali delle loro societa”, Obama ha detto che ”tenderemo loro la mano se sono disposti ad aprire il pugno”. Obama ha mandato a dire ai terroristi che che ‘il nostro spirito e’ piu’ forte e non puo’ essere vinto”. E ha aggiunto: ”Vi batteremo”.
Nel discorso d’insediamento, Barack Obama chiama l’America “a una nuova era di responsabilità” che poggi su valori antichi, come la speranza e la virtù, e trasforma la promessa del cambiamento della campagna elettorale nell’affermazione “il mondo è cambiato, noi dobbiamo cambiare”. Il nuovo presidente, giovane, nero, figlio di un immigrato, interprete del sogno di ogni americano e di quello del profeta dell’integrazione razziale Martin Luther King, dichiara l’America “di nuovo pronta a guidare il Mondo” ed afferma: “Io sono qui perché” la più antica democrazia dei tempi moderni ha saputo fare prevalere “la speranza sulla paura”. Quello pronunciato subito dopo avere giurato e avere invocato l’aiuto di Dio è un discorso conciso, scandito, concreto, che non ha l’oratoria evocatrice di quello di Denver, quando Obama accettò la nomination democratica alla Casa Bianca. Qui, c’é la compostezza e la fermezza di un leader che ha ormai assunto le sue funzioni e che non formula promesse, ma prende impegni e antepone il pragmatismo all’ideologia: “Non importa se il governo è grande o piccolo, importa che funzioni”.

E’ un messaggio ai suoi concittadini, che con lui devono “mettersi al lavoro per rifare l’America”, e ai cittadini del Mondo: il presidente tende la mano ai musulmani e ai partner degli Stati Uniti “perché chi vuole la pace è amico degli Usa”. Ma Obama non ha i toni e non veste i panni del pacifista: ai nemici, ai terroristi, dice “Vi sconfiggeremo”. Non mancano elementi di critica all’Amministrazione uscente, come quando il presidente denuncia come “falsa” la scelta tra la tutela della sicurezza del Paese, cioé la lotta al terrorismo, e il rispetto degli ideali e dei principi americani e dei diritti umani. E vi sono elementi di orgoglio, come quando Obama ricorda il cammino percorso dagli afro-americani dalla segregazione di meno di 60 anni or sono alla sua elezione, lui primo nero alla Casa Bianca. Ma su tutto prevalgono la fiducia e la speranza e il senso dell’unità della Nazione: doti essenziali per un cammino che comincia nel buio e nella tempesta della recessione economica e che deve condurre a superare la crisi, a esorcizzare “lo spettro ambientale” e ad affermare i valori dell’uomo.

Obama è l’immagine di una Nazione ancora giovane, ma ormai capace di tradurre in pratica il verbo di Dio, e dei Padri fondatori, che tutti gli uomini nascono uguali, sono liberi e possono perseguire la felicità. Impossibile leggere, nel primo atto della presidenza Obama, percorsi di politica estera, perché non vi sono citazioni di Paesi, di alleanze, di organizzazioni, tranne l’apertura con monito al mondo dell’Islam (“i vostri popoli vi giudicheranno per quello che costruite, non per quello che distruggete”) e un riferimento a Iraq e Afghanistan, le guerre da chiudere. Chi s’aspettava nel discorso citazioni o accenti di Lincoln, di Roosevelt, di Kennedy, forse di Reagan, certo di Clinton, resta deluso: Obama cita solo Washington, il primo presidente, in un quadretto da scuola media. Ma i due milioni e passa di persone sul mall di Washington, le centinaia di milioni in tv in America e nel Mondo sono lì non per un clone dei presidenti del passato, ma per la speranza e l’attesa che il nuovo presidente ispira. Buon Lavoro, presidente Obama!

fonte www.libero.it
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