Durante la conferenza stampa congiunta emergono l’importanza storica della visita del capo della Casa Bianca e i progressi fatti negli ultimi mesi, ma anche le divergenze che ancora permangono, dalla questione dei diritti umani al futuro di Guantanamo. Il presidente Usa: “Mi piacerebbe incontrare Fidel nel futuro”.
L’AVANA – Barack Obama proclama “l’inizio di un giorno nuovo” nelle relazioni tra Cuba e Stati Uniti. Raul Castro gli riconosce il merito di aver riavvicinato i due Paesi, ma sottolinea la necessità della “revoca totale dell’embargo”, una decisione per la quale l’ultima parola spetta al Congresso. La conferenza stampa congiunta dei due leader al Palazzo della Rivoluzione è il clou della storica visita del presidente Usa all’Avana. Per Castro è “essenziale revocare l’embargo perché ha effetti intimidatori”. Obama replica: “L’eliminazione totale dell’embargo dipende dal Congresso”. “La tempistica” della revoca, spiega, “dipende dal superamento delle divergenze tra noi e Cuba sui diritti umani. Non so quando, ma l’embargo finirà”.
L’inno Usa nel Palazzo della Rivoluzione. Mentre “The Star-Spangled Banner”, l’inno americano, risuona nell’edificio simbolo della rivoluzione castrista, il leader dell’isola caraibica riceve l’ospite con una calorosa stretta di mano, sorridendo. Obama ascolta in piedi, attento. Sullo sfondo l’immagine di Ernesto ‘Che’ Guevara. La sua fotografia più famosa, nello scatto di Alberto Korda. Castro prende la parola per primo, si dice lieto di ospitare Obama in quanto “primo presidente degli Stati Uniti nel nostro Paese da 88 anni”, per poi sottolineare i “risultati concreti ottenuti” fin qui, con un elenco degli accordi raggiunti tra Cuba e Usa.
“Un nuovo giorno tra Usa e Cuba”. “Questo è un giorno nuovo tra Usa e Cuba”, afferma il capo della Casa Bianca. “Non guardiamo al passato – aggiunge – ma andiamo avanti”.
È il loro terzo incontro dalla ripresa delle relazioni diplomatiche nel 2014, il primo sull’isola. Dopo quasi novant’anni, un presidente americano è tornato a Cuba.
Castro: “Restano differenze”. Per Raul Castro, “ci sono profonde differenze tra i nostri Paesi che non spariranno, visto che abbiamo idee diverse su molti argomenti, come la democrazia, i sistemi politici, i diritti umani, le relazioni internazionali, la pace e la stabilità nel mondo”.
“Noi difendiamo i diritti umani”, prosegue il leader cubano criticando gli Stati Uniti perché L’Avana “trova inconcepibile che un governo non assicuri il diritto alla salute, all’istruzione, al cibo, allo sviluppo, ai diritti dei bambini”.
La frecciatina di Obama per l’accoglienza. Durante la conferenza stampa, il capo della Casa Bianca non risparmia una frecciatina al padrone di casa. “Proprio bella la visita che abbiamo fatto ieri!”, buttato lì in tono innocente Obama, alludendo al fatto che lui e la sua famiglia hanno dovuto girare da soli il centro storico della capitale cubana, patrimonio Unesco. Castro, che non era andato a riceverli in aeroporto, tanto meno si poi era fatto vedere per vicoli e piazzette.“Datemi la lista dei prigionieri politici, liberi entro stasera”. Raul Castro non gradisce la domanda di un giornalista sui prigionieri politici e di fatto nega che a Cuba ce ne siano. Sfidando il giornalista a brutto muso gli chiede: “Mi dia la lista, li rilascio subito. Mi dica il nome o i nomi, oppure quando terminiamo mi dia la lista, se ci sono prigionieri politici prima che cali la notte saranno liberati”.
Sullo spinoso tema dei diritti umani il capo della Casa Bianca dice di aver avuto “una discussione franca con Castro”.
Il dilemma di Guantanamo. Il presidente cubano chiede a Obama “la restituzione dell’enclave statunitense (Guatanamo) all’isola”. Il riferimento è al lembo di territorio cubano sotto controllo Usa sede del controverso campo di detenzione dei cosiddetti “nemici combattenti” degli Usa.
L’accesso a Internet. Obama dice anche di “voler aiutare” Cuba ad andare online. “Nel ventunesimo secolo i Paesi non possono avere successo senza che i loro cittadini abbiano accesso a Internet. L’accesso a Internet consentirà al popolo cubano di avere maggiori informazioni e permetterà loro di avere più di una voce”.
“Cuba Paese sovrano”. Il capo della Casa Bianca assicura poi che “il futuro di Cuba sarà deciso dai cubani”, da nessun altro. “Cuba è un Paese sovrano e molto orgoglioso”, aggiunge sottolineando che “quello che ho detto al presidente Castro è che ci stiamo muovendo in avanti e non guardiamo indietro, che noi non consideriamo Cuba come una minaccia per gli Stati Uniti”.
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Obama ringrazia il Papa. Obama ringrazia esplicitamente il “paziente lavoro di mediazione” di papa Francesco e del cardinale arcivescovo de L’Avana, Jaime Lucas Ortega y Alamino, che “hanno contribuito in modo decisivo” a riavvicinare i due Paesi.
“Mi piacerebbe incontrare Fidel”. La Casa Bianca ha chiarito da subito che il colloquio con il Lider maximo non è stato chiesto per questa visita. Ma in un’intervista alla Abc Obama ne parla: “Mi piacerebbe incontrarlo un giorno, nel futuro”, dice precisando di non avere problemi riguardo a un evento che sarebbe “simbolo della fine del capitolo della Guerra Fredda”. E mettendo poi in risalto che tale storico incontro potrebbe avvenire solo se Fidel fosse in buono stato di salute.
Positiva la reazione di Mosca. Il Cremlino legge la visita di Obama come “il rifiuto degli Stati Uniti della politica delle sanzioni nelle questioni internazionali”. “La Russia è interessata a che L’Avana mantenga buone relazioni con tutti i Paesi vicini, a cominciare dagli Stati Uniti”, commenta il portavoce Dmitry Peskov.
Americani per fine embargo. La maggior parte degli americani vuole la fine dell’embargo verso Cuba, emerge da un sondaggio New York Times/Cbspubblicato poche ore prima dell’incontro tra Obama e Castro. Sei americani su dieci sostengono la normalizzazione delle relazioni tra Usa e Cuba e il 40% è convinto che la fine delle sanzioni economiche porterà a una maggiore democrazia nell’isola. Il 52% degli intervistati approva quindi il modo in cui l’amministrazione sta gestendo le relazioni con L’Avana. La Repubblica