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Il centrodestra toscano voleva fare chiarezza sul “caso Ceccardi”, dopo che Eugenio Giani (Pd) ha definito l’europarlamentare della Lega “candidata al guinzaglio di Salvini“. Per questo oggi aveva chiesto di discutere subito un proprio ordine del giorno, in consiglio regionale. Assemblea che, com’è noto, è presieduta proprio da Giani. Il no alla richiesta di anticipare la discussione sulle parole di Giani ha scatenato la protesta dei consiglieri di Lega, Forza Italia e FdI.
“Via dall’Aula”, tuonano i capigruppo Elisa Montemagni (Lega), Maurizio Marchetti (Forza Italia) e Paolo Marcheschi (Fratelli d’Italia). “Senza l’esame preliminare del nostro ordine del giorno di condanna alla politica dell’offesa e dell’insulto praticata dal presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani contro la candidata governatrice del centrodestra per la Toscana onorevole Susanna Ceccardi mancano i presupposti per confrontarsi in qualunque dibattito”.
“Anche a prescindere dalle questioni di genere – proseguono i capogruppo dell’opposizione di centrodestra – nella buona politica si è avversari e non nemici. Chi presiede l’Assemblea toscana in quota Pd l’ha evidentemente dimenticato, utilizzando nei giorni scorsi lessico da zoo nei confronti dell’onorevole Ceccardi durante la campagna elettorale. A chi si rivolge con questi toni all’avversario politico noi non delegheremmo neppure la guida di un pullmino, invece Pd e sinistre lo hanno scelto come candidato a guidare la Regione Toscana”.
“In assenza di una presa di distanze votata e conclamata – concludono i capigruppo – non ci sentiamo garantiti nell’affrontare il dibattito consiliare. Non ci sediamo a tavolino con chi usa metodi da odiatore, soprattutto nei confronti di una donna”.
Disponibilità ad anticipare la discussione era stata espressa anche dalla consigliera Irene Galletti per il gruppo del Movimento 5 stelle. I lavori sono andati avanti con l’esame delle proposte di legge dell’Ufficio di presidenza, in testa all’ordine del giorno.
Un caso che imbarazza il Pd
Le parole scomposte di Giani hanno creato qualche malumore anche in casa Pd. Giani non si è scusato e ha rincarato la dose: “Non prendo lezioni da un partito fondato sul culto del maschio forte al comando“. A livello comunicativo, però, è stato uno scivolone quello del navigato esponente democratico. Trasformato in assist dalla Ceccardi. Se il centrodestra, compatto, ha condannato le sue parole, anche diversi esponenti del centrosinistra hanno preso le distanze. Nel Pd, invece, è prevalsa la linea del silenzio (imbarazzato). E si è corsi ai ripari mettendo rafforzando (o cambiando) lo staff della comunicazione del candidato. Pare che Simona Bonafè (capo del Pd in Toscana) ai suoi abbia detto qualcosa del genere: “Non puoi scendere sul piano della Ceccardi, devi restare sui temi, come fece Bonaccini in Emilia”.
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