Nel suo buongiorno di ieri il giornalista della Stampa Mattia Feltri ha ripercorso brevemente la storia del tedesco Karl Jaspers che pur perseguitato per aver sposato una donna ebrea, anziché professarsi vittima innocente del sistema ha portato avanti l’analisi lucida di chi assume anche su di sé il peso delle responsabilità arrivando a dire “Ognuno è responsabile della situazione politica del proprio Paese”.
E ancora “La questione della colpa, più che essere una questio- ne posta dagli altri a noi, è una questione che noi poniamo a noi stessi”. La logica che sta alla base del ragionamento è forse troppo alta per essere portata ad esempio nel momento in cui la politica di casa nostra mette o vorrebbe mettere in scena lo spettacolo non bello e per nulla rassicurante di un Tribunale all’interno del quale i giudici litigano e si denunciano tra loro.
Governo e maggioranza con determinazione ma per fortuna non riuscendoci per mancanza di voti (era necessario raggiungere la maggioranza qualiFIcata), hanno tentato di mandare in onda senza veli l’intera telenovela mentre l’opposizione si è impegnata per fare in modo che questo non accadesse.
Il Segretario Renzi per difendere la bontà della decisione di rendere accessibili a tutti i consiglieri i verbali della commissione giustizia alla quale è ormai noto che l’ex magistrato dirigente contando sulla riservatezza di quella cornice, si sia rivolta per domandare aiuto alla politica per risolvere nel migliore dei modi la situazione che si era creata all’interno del Tribunale, ha svolto un ragionamento che di per sé non fa una piega.
Egli dice che il giornalista ha tutto il diritto, anzi è suo preciso dovere pubblicare un’ordinanza nel momento in cui ne viene in possesso (lo terremo a mente in caso di eventuali denunce). Ergo se sono state pubblicate ordinanze coperte da segreto istruttorio non si capisce il perché – è sempre il ragionamento di Renzi – non si dovrebbe poter accedere ai verbali della commissione giustizia. Seguendo il filo di questo ragionamento è probabile che sarebbe stato giudicato del tutto normale se quelle carte fossero approdate sui media. A quel punto essendo stati dati a molti i documenti sarebbe stato difficile puntare il dito su qualcuno.
Mentre invece con facilità si sarebbe colpito ancora una volta quel Tribunale già pesantemente attaccato da Simone Celli nel suo discorso di dimissioni.
Se quelle carte fossero arrivate anche sulle nostre scrivanie noi non avremmo potuto esimerci dal leggerle e pubblicarle. Così abbiamo fatto dando conto delle ordinanze nella speranza che quanto descritto al suo interno, ovvero la presenza di un’infiltrazione ancora in corso delle nostre istituzioni, potesse essere fermata.
E’ chiaro però che non le avremmo usate per buttare la croce addosso su chi si è deciso debba rappresentare il capro espiatorio. Non ci piace prestare il fianco a ricostruzioni ex post volte a giustificare decisioni altrimenti non giustificabili.
C’è in questa volontà di dipingere di nero ciò che nero non è, qualcosa di malvagio, come vi fosse un risentimento maligno nei confronti della realtà che ha portato per esempio qualcuno ad esultare per la caduta delle insegne di un istituto che rappresentava una parte del nostro Paese. E’ un mestiere il nostro in cui non si deve o non si dovrebbe fare i furbi con le parole.
RepubblicaSM