San Marino, come altri paesi, sta attraversando una congiuntura economica sfavorevole.
Si parla di crisi, manca il lavoro e il governo sta cercando di rilanciare l’occupazione con più di un progetto. Un dato che emerge da uno studio di Fixing è che per ogni lavoratore ci sono due pensionati. E secondo il settimanale economico sammarinese sono difficilmente gestibili sul medio periodo.
La riserva previdenziale nelle casse dello Stato è di 369.000.000 di euro con la prospettiva di superare i 400.000.000 di euro nei prossimi tre o quattro anni, una cifra di tutto rispetto ma che potrebbe non bastare dato che i lavoratori attivi sono in numero decrescente e aumentano i pensionati che erodono questa ragguardevole riserva di denaro.
I disoccupati, a oggi, hanno raggiunto il numero enorme (per il Titano) di 1.960 persone di cui 1467 frontalieri.
Questi dati si riferiscono al periodo che va dal 2008 a dicembre 2014 come ha spiegato venerdì alla stampa Ivan Toni, della Csdl.
Rilanciare l’occupazione e quindi i contribuenti è l’unica soluzione per uscire dal guado. Venerdì sera, al tesseramento democristiano, il segretario del partito Marco Gatti ha affermato che Osla Usc e Usot non possono chiedere al governo di ostacolare un’iniziativa imprenditoriale di tale portata, oltre 250 posti di lavoro.
“La posizione delle categorie mi lascia perplesso -ha detto Gatti alla platea- anche perché è stata la stessa Osla a invitarmi a parlare di questo investimento, la politica comunque considera anche le istanze delle categorie e il ruolo fondamentale del centro storico di San Marino Città”.
Che in effetti ha bisogno d’essere riportato in auge con la riqualificazione degli alberghi e con collegamenti più rapidi verso la parte bassa del paese.
La vicina Italia ha introdotto il Jobs act e alcune defiscalizzazioni per chi ha intenzione di fare investimenti. Perchè occorre investire per smuovere l’economia e per trovare chi versa i contributi per le pensioni che con
la tendenza attuale potrebbero svuotare le casse statali.
Ma sul Titano ci sono circa 5.000 frontalieri che dovrebbero avere la residenza per far sì che stando a San Marino, restino a San Marino e spendano a San Marino anche la loro pensione, oggi non è così.
Occorre però anche creare posti di lavoro qualificati, perchè i sammarinesi hanno un livello di istruzione medio alto e non tutti possono o vogliono lavorare come commessi o baristi. Per far questo però, bisogna uscire dalla crisi e rilanciare l’economia.
Mercoledì 15 aprile, in un dibattito promosso dalla Centrale sindacale unitaria sul tema della crisi economica, Alberto Berrini ricercatore dell’università Bocconi di Milano ha affermato: “Le stime del Prodotto interno lordo mondiale indicano una crescita di poco sopra il 3%, mentre le stime europee sono del 1,5%, percentuali ancora troppo basse per riassorbire un tasso di disoccupazione attorno al 10%, pari a 200 milioni di senza lavoro”.
La strada da percorrere è quindi una sola: “Puntare alla crescita con politiche monetarie e fiscali espansive e con una migliore redistribuzione del reddito -ha aggiunto- il vecchio modello di sviluppo a trazione finanziaria, che ha prodotto disuguaglianze e bolle speculative, non funziona più”.
Quindi un’economia concreta, fatta a piccoli passi ma costanti.
Per il docente Giuseppe Travaglini San Marino deve “definire proprio modello di sviluppo, precisare un piano industriale e i settori economici dove specializzarsi. E per questo va tenuto presente che il tasso di specializzazione e innovazione del settore manifatturiero influenza direttamente lo sviluppo qualitativo del terziario e dei servizi”.
Insomma: da qualche parte bisogna cominciare e forse affrontando la crisi a viso aperto e riducendo le diseguaglianze economiche e sociali riusciremo a rialzarci in piedi, e un passo alla volta, tornare a correre.
Marco Bollini, La Tribuna