“Chi era Sofia? È molto tempo che volevo parlare di Sofia in questa aula, perché manca una parte di lei.
E’ uscita dalle sedute di quest’aula, dove molte volte se ne è parlato, in una maniera lesiva.
Io sono qui per restituirle quella parte di dignità che le spetta. Sofia era una persona solare, piena di vita, molto attenta alle ingiustizie”.
Lo ha detto Angela Querzè, madre di Sofia Stefani, testimoniando davanti alla Corte d’Assise di Bologna, presieduta dal giudice Pasquale Liccardo, nel processo nei confronti di Giampiero Gualandi, 63enne ex comandante della Polizia Locale di Anzola Emilia (Bologna) accusato dell’omicidio volontario aggravato (dai futili motivi e dal legame affettivo) della collega Stefani, 33 anni, con cui aveva una relazione extraconiugale.
L’imputato oggi non è presente in aula.
“Sofia aveva una grande energia, una passione per lo sport – ha detto la madre tra le lacrime – pattinava, ha vinto tanti trofei anche a livello nazionale. Era una persona attenta alle fragilità. Aveva un talento artistico spiccato, le derivava dal padre, ma era preoccupata del suo futuro. A 33 anni era ancora precaria. Aveva lavorato in tutti i modi possibili, anche come commessa. Ripeto, era preoccupata dal futuro. Voleva poter vivere vicino alla sua famiglia, a Stefano anche (il fidanzato, ndr), che aveva scelto come famiglia. Viveva con Stefano da molti anni”.
La madre di Sofia Stefani ha poi sottolineato come la figlia volesse fare “assolutamente questo lavoro. Ma Sofia – ha detto ancora – era anche una bambina, molto immatura”. Poi, il rapporto con l’imputato. “Gualandi la seguiva sindacalmente. Di lui si fidava, né parlava come una persona professionale, che l’avrebbe aiutata sicuramente. Aveva la data delle elezioni come un chiodo fisso in testa, secondo lei sarebbe cambiato il mondo”. Durante il processo infatti, è emerso dalle testimonianze che Sofia era convinta che Gualandi l’avrebbe aiutata a tornare a lavorare ad Anzola una volta eletta la nuova Amministrazione comunale.
Ansa