Open, chiesto il rinvio a giudizio per Renzi, Boschi e Carrai

In merito al caso Open, la procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio per 4 società e 11 indagati. Tra questi il senatore e leader di Italia Viva, Matteo Renzi e gli onorevoli Maria Elena Boschi e Luca Lotti. Figurano tra gli indagati anche l’ex presidente di Open, Alberto Bianchi e l’imprenditore Marco Carrai. L’udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 4 aprile davanti al gup del tribunale di Firenze.

Come riporta la Repubblica, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio anche per il manager Piero Di Lorenzo e la sua azienda Irbm. La società è balzata negli ultimi anni agli onori delle cronache per aver prodotto il vaccino AstraZeneca in collaborazione con l’università di Oxford.

L’indagine si basa sull’ipotesi di finanziamento illecito ai partiti ma da parte della magistratura, in relazione ad alcuni indagati, si ipotizza anche un traffico di influenze illecito e reati di corruzione. L’ipotesi è quella che Open avesse una natura partitica, come se fosse una corrente interna renziana del Partito democratico. Tutto è partito da una rilevazione di plusvalenza di quasi un milione di euro che Patrizio Donnini avrebbe ottenuto dalla cessione di cinque società inattive, ma autorizzate alla produzione di energia eolica, a Renexia, facente parte del gruppo Toto.

Per finanziamento illecito ai partiti, assieme all’avvocato Alberto Bianchi, è imputato Matteo Renzi, che dai magistrati viene considerato come direttore di fatto della ex fondazione. Lo stesso reato è stato ipotizzato per Marco Carrai e Patrizio Donnini, ma anche per Maria Elena Boschi e Luca Lotti.

Ci sono poi due presunti episodi di corruzione sotto la lente di ingrandimento, che vengono contestati all’onorevole del Partito democratico Luca Lotti, ex membro del cda della fondazione e figura del governo tra il 2014 e il 2017, ma anche a Patrizio Donnini, Alberto Bianchi e Alfonso Toto. In quello stesso periodo, secondo l’accusa, Lotti si sarebbe adoperato per disposizioni normative favorevoli alle società che avevano finanziato Open, in particolare la Toto costruzioni e la British American Tobacco. L’accusa, inoltre, sostiene che Piero Di Lorenzo avrebbe versato alla fondazione un’ampia somma di denaro con il secondo fine di ottenere favoritismi per dare il via ad alcuni progetti.

Tra le altre accuse c’è anche quella per un episodio di presunto autoriciclaggio e traffico di influenze illecite.


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