Ora il Pd vuole defascistizzare persino vie e piazze

Il Pd, che non sa più chi sia, sempre che lo abbia mai saputo, agita per l’ennesima volta lo spettro del fascismo. È successo in campagna elettorale e avviene, con maggiore evidenza, anche quando i dem non governano (evento raro, nonostante le tante bocciature delle urne). Eccola spiegata la radice di una delle proposte del senatore Walter Verini, quella che vorrebbe vietare «l’intitolazione di strade e piazze a gerarchi fascisti o a personalità legate al fascismo». L’altro firmatario è Emanuele Fiano. A parte la sensazione che sia una disegno ad hoc per irrompere sull’eventuale intitolazione di una strada o una piazza a Giorgio Almirante, spicca la specificazione sul «legame» con il ventennio mussoliniano di alcuni.

Luigi Pirandello, per dire, è considerabile come «legato» al fascismo? E Gabriele D’Annunzio? Curzio Malaparte? Guglielmo Marconi? Filippo Tommaso Marinetti? Giuseppe Ungaretti? Ezra Pound? Un po’ di toponomastica esistente sarebbe già compromessa. E poi l’immaginario collettivo della destra missina. Quello che comprende i caduti del Fronte della Gioventù durante gli Anni di Piombo. Anche Sergio Ramelli, Paolo Di Nella, Alberto Giaquinto e tanti altri sarebbero etichettabili come «legati» al fascismo? Leggendo l’appello di Verini alla destra italiana, nel 2022, affinché si «costituzionalizzi», temiamo di sì. Uno spettro, uno davvero attuale, a ben vedere c’è: è quello della cancel culture, che passando dall’ideologia woke e dagli Stati Uniti inizia a fare capolino con prepotenza in Europa. Il Pd rischia di diventarne un portatore sano.


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