ORGOGLIO OPERAIO: Ripresa sì ma a piccoli passi. Le aziende rischiano di perdere risorse qualificate

La crisi c’è ancora, ha la faccia di chi ha perso il lavoro o rischia di perderlo, delle aziende che chiudono o rischiano di chiudere. Sono volti e storie che non ci stanno ad essere negati, accantonati per far spazio all?euforia di una ripresa che chissà quando si tradurrà in maggiori certezze di reddito e occupazione.

Il dato preoccupante è la disoccupazione,fin quando cresce la crisi non è finita. Non c’è domanda, non c?è rilancio,non c’è ricchezza.

Negli ultimi mesi, i principali indicatori del ciclo economico hanno evidenziato un graduale percorso di recupero, pur mantenendosi ancora di segno negativo.

Incoraggianti i dati sul versante dell’export mentre si accentua la contrazione dell’occupazione, specie nelle piccole imprese. È quanto mette in evidenza la consueta indagine trimestrale sulle imprese e dipendenti appartenenti ai diversi settori manifatturieri.

I primi segnali di stabilizzazione, anche se ancora di segno negativo rappresentano il nastro di partenza dal quale il nostro sistema produttivo può riprendere la corsa.

A patto di tenere caldi i motori, puntando su un’offerta che vede nella qualità e nell’innovazione il punto di forza per essere sempre più competitiva. La vera criticità resta però quella del lavoro, soprattutto per le imprese più piccole, che rischiano così di perdere quelle risorse qualificate di cui hanno più bisogno per cogliere la ripresa e che sono difficili da ricostruire in tempi brevi.

La ripresa sarà lenta, lunga e insidiosa una situazione grigia da cui è possibile uscire solo grazie a nuove politiche Imprenditoriali . Si profilano anni per recuperare livelli di produzione del 2007/08 e in alcuni settori ciò potrebbe non avvenire mai. Serviranno ristrutturazioni,riconversioni e cambiamenti anche nelle politiche degli imprenditori.

Serve una politica industriale che segua tutte le fasi: Domanda,Produzione,Formazione e Ricerca (bene il parco scientifico e tecnologico se è nel contesto a favore delle nostre aziende, la nostra università e il centro scuola professionale di San Marino).

Sono anni che gli imprenditori hanno guadagnato, con la nostra fatica e lavoro, hanno anche creato lavoro, oggi sottolineano la bassa competitività con il costo del lavoro elevato, paragonandoci e confrontandoci ai paesi meno sviluppati o i nuovi paesi emergenti.

Penso per il futuro, ad un rispetto, un aiuto reciproco, dove la flessibilità e la competitività sia materia da  intraprendere e studiare insieme (imprenditore e lavoratore) coinvolgendo e partecipando l’uni e gli altri,nelle esigenze dell’impresa e nei bisogni delle persone, e non dovrà essere d’ostacolo l’aumento del 1,6% a fermare lo sviluppo nel nostro paese.

Siamo in una situazione gravissima,abbiamo tutti i giorni nuove comunicazioni di fabbriche in crisi. La tensione sociale cresce. In arrivo un nuovo contratto da firmare dell’edilizia senza prospetto di rinnovo e di firma.

Il nostro diritto del lavoro e il nostro sistema di ammortizzatori sociali non consentono oggi a nessuno, se non a pochi privilegiati, di dormire sonni tranquilli.

Chi è entrato nel mondo del lavoro da poco o si accinge ad entrarci, lo farà in forza di forme contrattuali che definire precarie è un eufemismo.

Chi già lavora, invece, sa che nelle condizioni correnti l’espulsione dal mercato del lavoro è un viaggio di sola andata da affrontare senza nessuna protezione se non quella di una possibile reintegrazione nel posto di lavoro (sempre che, ovviamente, sia ancora fisicamente possibile). Questo mette i lavoratori in una situazione senza uscita, nella quale il mantenimento del proprio status quo diventa l?obiettivo di massima e non quello di minima.

Il fatto che per un domani, di poter approfittare di una forza lavoro flessibile, di lavoratori autonomi e il «paralavoro», cioè contratti a termine, collaborazioni a progetto e occasionali (interinale) e non assolutamente statica, e di dover quindi competere sul mercato del lavoro, tutto questo non incentiverà in alcun modo lo sviluppo di una cultura del’impresa più seria e responsabile.

Un’ultima considerazione. Il distacco crescente tra politica e mondo del lavoro si manifesta da molti anni nell’astensionismo, vedi le ultime votazioni dei castelli, nell’isolamento di tanti lavoratori all’interno delle fabbriche, che manifestano il loro disagio in silenzio.

Manca la volontà di affrontare la crisi. Noi (di Orgoglio Operaio) non abbiamo altri mezzi per riportare questa emergenza al centro, per ricordarla alla politica, ai mass media e all’opinione pubblica perché abbiano la percezione del dramma dei disoccupati, dei licenziati, dei precarI e delle loro famiglie.
 Un augurio per il 2010 è di ricominciare a vivere collettivamente e a pensare agli interessi di tutti, a partire dal basso dai lavoratori e i pensionati fino alle associazioni di volontariato, un saluto da Michele Guidi(Orgoglio Operaio )

..libertà e partecipazione per il 2010??.