Orlandi: Oss.Romano, a Wojtyla accuse indegne e infamanti

“Prove? Nessuna. Indizi? Men che meno. Testimonianze almeno di seconda o terza mano? Neanche l’ombra. Solo anonime accuse infamanti”. Così l’Osservatore Romano, in un editoriale, definisce le “presunte rivelazioni su Papa Wojtyla e il caso Orlandi”. “Una follia – scrive il quotidiano della Santa Sede -. E non lo diciamo perché Karol Wojtyła è santo o perché è stato papa. Anche se questo massacro mediatico intristisce e sgomenta ferendo il cuore di milioni di credenti e non credenti, la diffamazione va denunciata perché è indegno di un Paese civile trattare in questo modo qualunque persona, viva o morta, che sia chierico o laico, papa, metalmeccanico o giovane disoccupato”. 

“Il signor Orlandi non ha inteso formulare accuse nei confronti di alcuna persona, lo ha ribadito al Promotore, lo ha anche scritto in una memoria che ha depositato durante la sua deposizione. Egli ha chiesto solo che la ricerca della verità non abbia condizionamenti. Spiace che alcune persone abbiano estrapolato qualche frase manipolando il quadro complessivo delle sue dichiarazioni. Spiace, altrettanto, che, tra coloro che lo accusano a mezzo stampa di ledere la memoria di chi non c’è più, vi sia anche chi, contattato negli anni dal signor Orlandi, si sia sempre sottratto a un confronto autentico e sincero con lui”. Lo ha detto Laura Sgrò, legale di Pietro Orlandi.

“In relazione ad alcuni articoli di stampa dei giorni scorsi – scrive Sgrò, legale della famiglia Orlandi – in nome e per conto di Pietro Orlandi, intendo precisare quanto segue: il signor Orlandi ha accolto con sentimenti positivi la volontà del Santo Padre di avere dato al Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, massima libertà di azione per indagare ad ampio raggio, senza condizionamenti di sorta e con il fermo invito a non tacere nulla sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Con questo animo, il mio assistito si è recato all’incontro con il Promotore di Giustizia l’11 aprile scorso”. “Pietro Orlandi – continua Sgrò – ha ritenuto, accogliendo l’invito del Santo Padre di volere fare piena luce sulla vicenda, di condividere con gli inquirenti tutte le informazioni in suo possesso. Tutte, nessuna esclusa. In quest’ottica ha messo a disposizione del Promotore di Giustizia quanto di sua conoscenza, anche i fatti più scomodi, appresi nel corso degli anni, lasciando ovviamente agli inquirenti le valutazioni e gli approfondimenti necessari per verificarne la fondatezza”. “Il signor Orlandi – sottolinea quindi – non ha inteso formulare accuse nei confronti di alcuna persona, lo ha ribadito al Promotore, lo ha anche scritto in una memoria che ha depositato durante la sua deposizione. Egli ha chiesto solo che la ricerca della verità non abbia condizionamenti”. “Spiace – prosegue – che alcune persone abbiano estrapolato qualche frase manipolando il quadro complessivo delle sue dichiarazioni. Spiace, altrettanto, che, tra coloro che lo accusano a mezzo stampa di ledere la memoria di chi non c’è più, vi sia anche chi, contattato negli anni numerose volte dal signor Orlandi, si sia sempre sottratto a un confronto autentico e sincero con lui”. “La ricerca della verità – conclude Sgrò – è un atto di coraggio e il Santo Padre ha manifestato di volere percorrere con forza questa strada. L’augurio è che questo atto straordinario, ma doveroso, non appartenga solo a Sua Santità”.

“Occorre avere il coraggio di dire che per questa strada la verità può solo restare lontana. E poi: il rispetto che si deve a Pietro Orlandi, non può che comprendere anche il rammarico e il vero e proprio dolore che continuano a provocare alcune sue parole, fondate sui ‘si dice’ e su congetture senza il minimo dei riscontri”. Il quotidiano cattolico Avvenire, voce della Cei, reagisce in un editoriale alle affermazioni del fratello di Emanuela Orlandi su “un diretto coinvolgimento di papa Giovanni Paolo II in tutti i drammatici passaggi della vicenda Orlandi”. “Nei suoi interventi è stato via via sempre più esplicito – ricorda Angelo Scelzo, ex vice direttore della Sala stampa vaticana -, fino a dichiarare di aver sentito dire che ‘Wojtyla ogni tanto la sera usciva con due monsignori polacchi’ aggiungendo che ‘non andava certo a benedire le case’. Non basta. È stata fatta riascoltare una registrazione audio in cui il coinvolgimento del Papa veniva ‘assicurato’ da un componente della famigerata ‘banda della Magliana’”. “Una registrazione choc – commenta il giornale dei vescovi -, con un’interruzione dai ‘contenuti irriferibili’, che Pietro Orlandi ha detto di aver consegnato al promotore di giustizia del Vaticano, in una lunghissima deposizione, nella sua forma integrale”. “A corredo di affermazioni così sconvolgenti e tutte incentrate sulle responsabilità di san Giovanni Paolo II – prosegue l’editoriale -, Pietro Orlandi ha anche sostenuto che, per ammissione comune, nel 1983 la pedofilia in Vaticano era praticamente accettata. Un gendarme, anzi, gli avrebbe confidato, subito dopo il rapimento, di aver sondato ‘quei tre o quattro cardinali’ di cui si sapeva che avessero il ‘vizietto’, per attingere qualche informazione utile”. Secondo Scelzo, “forse proprio a causa della loro enormità, queste affermazioni hanno guadagnato una più che scontata ribalta. Ma a questo punto, quando la ricerca della verità sembra allungare il passo, si fa più urgente la necessità di una verifica a tutto campo anche sulle modalità in cui essa viene ricercata e allo stesso tempo ‘offerta’”. E aggiunge: “pur di fronte all’ammirevole dedizione e all’incessante impegno del fratello di Emanuela e dei suoi collaboratori – e di tutti coloro ai quali sta a cuore la ricerca della verità -, non è possibile accettare che in questa fatica trovino posto i ‘si dice’ o abbiano spazio affermazioni per non dire altro surreali, secondo cui ‘in Vaticano nel 1983 la pedofilia non era considerata reato’”. “Non è solo il fatto che sotto accusa sia messo un Papa, riconosciuto Santo (che non è affatto poco) – conclude Avvenire -. Ma se le prove sono quelle esibite, è la memoria di Wojtyla ad essere ingiustamente infangata. I diritti che giustamente si riconoscono a un uomo provato per la misteriosa scomparsa della sorella, non possono essere in qualche modo sottratti al buon nome (non si dice alla santità) di una persona che non può difendersi da accuse così infamanti. Non occorre, anzi appare addirittura banale, ricordare la figura di un gigante della Chiesa e della storia, un Papa amatissimo per restare esterrefatti e sconcertati di fronte ad affermazioni di così grave portata”.
   


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