Il metodo ragionieristico con cui si procede nelle valutazioni dell’andamento del fondo pensioni, degli oneri sociali, delle tariffe dei servizi pubblici confermano la tendenza che si copia perché così non si studia, non si ricerca, non si progetta e non ci si confronta, nell’illusione di non sbagliare perché è una scelta già fatta da altri paesi. Ogni organismo civile viaggia per la propria strada: i Sindacati cercano di contenere gli aumenti di tutto ciò che riguarda i lavoratori dipendenti; gli imprenditori rivendicano meno tasse e più sgravi; il Governo guarda il fondo del cassetto per vedere quante risorse ci sono; le Aziende Autonome ma di Stato, fanno le loro somme e sottrazioni senza ragionare e gestire i possibili risparmi, le reingegnerizzazioni aziendali, le razionalizzazioni e gli investimenti strategici; non valutano l’introduzione di tecnologie e strumenti di lavoro innovativi e soprattutto non riflettono internamente su una nuova organizzazione del lavoro: orizzontale, motivante e trasversale, dove l’ambiente di lavoro è un team con informazioni e obiettivi comuni. Questo modo di procedere rappresenta un assetto nazionale con uno scenario di costi simile a quello italiano, se non in prospettiva peggiore.
Per aumentare stato sociale e benessere dei cittadini occorre produrre ricchezza attraverso la definizione di politiche attive del sistema economico, che individuino strategie trasversali pubbliche e private, senza allargare il cuneo fiscale utilizzando filosofie economiche del tipo “mettere una pezza”. Occorre difendere le prerogative strutturali del nostro Stato, senza delegare ciò che siamo in grado di fare con le nostre teste e con le nostre imprese, per prendere coscienza delle legittime aspirazioni degli imprenditori sammarinesi desiderosi di essere protagonisti del proprio futuro. Occorre definire una volta per tutte quali settori, alla luce della concorrenza internazionale e delle risorse territoriali e intellettuali interne, potranno esistere e vogliamo sviluppare a San Marino.
Ammodernare l’apparato pubblico e cogliere le opportunità dell’Unione Europea sono due obiettivi ancora nel cassetto, assieme ad un costruttivo rapporto di collaborazione con gli USA. Assicurare una formazione tecnica, scientifica, economica, organizzativa e manageriale sarà la fonte di sviluppo della nostra comunità ed economia, rispettando la “carta dei diritti” in tutte le sue declinazioni di equità all’interno della Società e dell’economia. Gli imprenditori rivendicano equità fiscale: pari reddito pari aliquota, il contenimento della spesa pubblica per destinare più risorse agli investimenti infrastrutturali e per lo sviluppo, una previdenza sociale che in base alla “carta dei diritti” ponga tutti i cittadini sullo stesso piano senza discriminazioni di arti, mestieri o corporazioni, maggiore Libertà di Impresa, servizi pubblici economici ed efficienti attraverso l’adozione di un organizzazione innovativa, che riesca anche a stare in piedi se gestita in modo privatistico. Il perdurare della politica assistenziale tendente a premiare chi non produce ricchezza sottraendola a chi avrebbe la possibilità di incrementarla con la realizzazione di nuovi posti di lavoro e maggiori utili, sta aprendo un abisso incolmabile fra la politica e l’impresa, che ora diventa insostenibile. Se consideriamo che nel solo periodo che va dal dicembre 2005 al dicembre 2009, il cuneo contributivo ha subito, contro la volontà delle imprese, un incremento di circa il 30% passando nel caso di un industria di servizio che applica il contratto industria dal 21,9% al 28,4%, si ha idea del percorso fallimentare della politica e delle sue scelte in ambito economico. Ogni volta che si pone un problema, si ricorre alla maggiore tassazione caricando i costi sull’impresa al solo scopo di far quadrare i conti, senza andare alla radice delle difficoltà attraverso una pianificazione e senza tenere conto che in questo modo il sistema si impoverisce. C’è uno strano atteggiamento di omologazione a ciò che succede all’esterno, si fa di tutto per allinearsi al costo del lavoro dei paesi meno competitivi; si continua ad esaltare il nostro sistema di Sicurezza Sociale quale pilastro dell’economia sammarinese, mentre si procede a testa bassa e senza ascoltare nessuno, verso un sistema assistenziale e dispendioso. Ciò ci pone nella grave situazione di dover dire BASTA e di aprire un tavolo serio di trattativa sulla nuova politica dei redditi che deve invece mirare ad aumentare sensibilmente i salari per adeguarli alle nuove situazioni, ridurre il costo del lavoro fissando il tetto massimo del cuneo al 20%, facendo una seria politica della casa e definendo concreti parametri di spesa che devono garantire a tutti una migliore qualità della vita. La vita dell’impresa è necessaria per la vita del paese e dei suoi cittadini; la vita della politica può essere anche breve o la si può interrompere bruscamente se la situazione è, come oggi, pericolosa e senza sbocco. Non siamo disponibili ad assistere ancora ad una falsa contesa attorno allo 0,0% mentre i problemi del paese stanno gonfiando quella camera d’aria protettiva dentro la quale ciascuno vorrebbe trovare posto. Per fare posto a tutto e tutti non si trova altro che alzare la pressione ma si sa: alzando la pressione la camera d’aria scoppia ed allora nessun contenitore protettivo potrà mai più garantire una buona socialità, un buon reddito, un livello dei diritti da civiltà avanzata e tutte quelle protezioni che è facile rivendicare, ma difficile assicurare soffocando l’Impresa.
Il grafico che riportiamo è la più chiara evidenza di quanto sta avvenendo c’è solo da sperare che qualcuno se ne avveda e dimostri la disponibilità al confronto sui temi reali ed accantoni la propaganda ed il velleitarismo.