Padre Gratien: ”interrogato sotto l’effetto di tranquillanti”. Il sacerdote accusato dell’omicidio di Guerrina cambia strategia

Padre-Gratien-Alabi«Il primo interrogatorio in agosto? Ero poco lucido e sotto l’effetto dei tranquillanti». Padre Gratien Alabi sceglie di parlare davanti alla Corte d’Assise, e comincia proprio così l’interrogatorio dopo il rinvio dell’udienza della scorsa settimana, per un lieve malessere. Il religioso è accusato dell’omicidio di Guerrina Piscaglia, la casalinga scomparsa il 1° maggio del 2014. Un confronto serratissimo quello tra il sacerdote e il pm Marco Dioni. La linea della difesa è quella di ripulire il frate da tutte le dichiarazioni fatte in precedenza, spiegando di essere sotto l’effetto di tranquillanti e cattive traduzioni. Gratien afferma: «La battuta del coniglio («vengo, cucino il coniglio e poi facciamo l’amore», scritta in un sms da Guerrina) è stata mal tradotta dall’interprete: non capiva bene le sfumature del francese, non ho mai detto quelle cose». La sua verità è quella che racconta adesso in tribunale. Sul fatto che Guerrina gli disse di essere incinta, Alabi ribatte: «Non ho mai fatto sesso. Guerrina non mi disse di essere incinta ma solo che avrebbe voluto un figlio da me. Quando fui interrogato ad agosto non ero nel pieno possesso delle mie facoltà, perché mi trovavo sotto tranquillanti».
Il frate è incalzato dalle domande stringenti del pubblico ministero e sbotta: «Tu mi vuoi divorare». Su zio Francesco, figura che gli inquirenti considerano puro frutto di fantasia, Alabi conferma che l’ultima volta che vide Guerrina insieme a questa strana figura, fu il 10 maggio e che in quell’occasione gli chiese una mano per prendere il figlio. «Mi avvicinò in chiesa a Sestino il pomeriggio del primo maggio _ continua padre Gratien – si presentò come Francesco ma disse che Guerrina lo chiamava zio. Chiese soldi a nome di lei che ne aveva bisogno per dormire fuori e non rientrare a casa dopo la fuga». Lui gli spiegò che soldi in tasca non ne aveva, ma che poteva dare due numeri di telefono, della catechista Giuseppina Mazzoni e del marito: loro potevano aiutare i due in fuga. Alabi ha studiato attentamente le carte del processo nel convento romano premostratense dove si trova agli arresti domiciliari. Ha barcollato durante l’udienza, non ha mollato ma anche subìto colpi pesanti. Come quelli sulla questione collaterale dei rapporti con prostitute e nomadi a Perugia. L’impressione è che lui non dica tutta la verità. Lui resta impassibile: «Mai fatto l’amore con una donna, il mio ministero me lo impedisce». Il Resto del Carlino.