L’ALA stragista di Cosa Nostra, quella legata a Totò Riina per intenderci, non aveva dubbi: Angelino Alfano doveva morire come Kennedy. Un colpo in testa per punirlo della sua ostilità ad attenuare il 41 bis, il carcere duro ai mafiosi. Il progetto era di ucciderlo a Roma o ad Agrigento durante la campagna elettorale. Il piano emerge da intercettazioni che hanno portato a sei arresti e decapitato il mandamento di Corleone.
Nel settembre 2014, in una masseria di Contessa Entellina, finisce sulla bobina dei carabinieri una conversazione tra Vincenzo Pellitteri, capo della famiglia di Chiusa Sclafani, il gregario Pietro Pollichino e il boss di Palazzo Adriano, Paolo Masaracchia. «Se c’è l’accordo gli
cafuddiamo (diamo, ndr) una botta in testa. Sono saliti grazie a noi. È un porco. Chi l’ha portato qua coi voti degli amici? È andato a finire là con Berlusconi e ora si sono dimenticati tutti».
ALFANO va cafuddato come Kennedy nel 1963 a Dallas. Dice Masaracchia: «Kennedy chi se lo è masticato? Non ce lo siamo masticato noialtri là in America, eh? Ha fatto le stesse cose che ha fatto Alfano, prima è salito con i voti di Cosa Nostra americana e poi gli ha voltato le spalle».
I sicari hanno la benedizione dei boss dietro le sbarre, a partire da Totò u curtu. «Dalla galera dicono cose tinte (brutte, ndr) su di lui», rivela Pellitteri. Ma sul dove e sul quando non si trova l’accordo. Masaracchia ipotizza di farlo nella Capitale, a casa del ministro: «Ho già il posto, a Roma, c’è gente che ha una casa e la mette a disposizione che te la da un giorno prima. È fuori Italia, però appena rientra noialtri lo dobbiamo aspettare, appena a lui cala il sonno. Minchia gli deve calare». Ma gli altri dissentono: troppi rischi, meglio ucciderlo in Sicilia. «Appena ci sono le elezioni lui se ne viene qua ad Agrigento, che vuole i voti degli agrigentini. Qua lo dobbiamo aspettare, tra due anni ci sono le elezioni». Ma uno dice di aspettare quando non è più ministro: «Diventa nessuno mischiato con niente, gli levano tutte le scorte d’appresso».
UN DISACCORDO progettuale che fa dire al procuratore di Palermo Francesco Lo Voi che «un attentato non è prevedibile in questo momento, né imminente». «La liberazione della nostra amata Sicilia e dell’Italia da questi maledetti vale più della vita di ciascuno di noi», commenta Alfano. «So bene che Riina e i suoi seguaci mafiosi corleonesi me l’hanno giurata per due motivi, il carcere duro e il sistema normativo su confische e sequestri patrimoniali».
Unanime la condanna nel mondo politico. «Opinioni politiche diverse, anche opposte, non possono impedire di esprimere solidarietà», dice Mariastella Gelmini (FI). «Solidarietà umana e politica, ma ribadisco il giudizio su una totale incapacità e inadeguatezza del ministro», obietta Matteo Salvini (Lega). Parole che vanno di traverso a Cicchitto: «Vada a lezioni private dalla Le Pen per imparare la civiltà nei comportamenti politici». «Continui con decisione e determinazione la sua azione, cominciata ai tempi del governo Berlusconi, contro le mafie e la criminalità», incoraggia Renato Brunetta (FI).
Resto del Carlino