Palestina, dal governo italiano una lezione di razionalità… Mentre San Marino stende il tappeto rosso ad Hamas … di Enrico Lazzari

Ah, San Marino, quel baluardo di indipendenza incuneato tra le colline romagnole come un fazzoletto pulito in un mucchio di biancheria sporca… Un Titano sempre pronto a farsi bello con gesti da gran dama internazionale, mentre, in casa, qualche migliaio di persone scende in piazza per protestare e contestare.

Ieri, all’Assemblea Generale dell’ONU, il Segretario di Stato agli Esteri Luca Beccari, ha chiuso il cerchio sul riconoscimento della Palestina con un intervento che ha strappato applausi a scena aperta, come se l’oratore avesse improvvisamente svelato la formula per la pace eterna. Bravi, bravi: foto di gruppo con bandiere, strette di mano e quel velo di ipocrisia che profuma di buoni sentimenti.

Ma scusate il disturbo, Segretario di Stato Beccari e tutti voi che applaudite da casa: esattamente quale Palestina avete “battezzato” con tanto entusiasmo? Quella della Cisgiordania, dove il leader Mahmoud Abbas – sì, il Presidente dell’Autorità Palestinese – ha chiamato Hamas a deporre le armi, mollare il controllo di Gaza e farsi da parte come un ex bullo pentito? O quella di Gaza, governata da Hamas, ovvero dagli stessi signori della guerra e delle bombe umane nei bus israeliani che il 7 ottobre 2023 hanno scatenato un’orgia di sangue, massacrando in poche ore 1.194 israeliani innocenti – civili, famiglie, festival-goers – e rapendone 251 da trascinare nei sotterranei a fare da merce di scambio o da scudi umani alle bombe scatenate dai loro raid kamikaze?

Partiamo dai fatti, perché qui di favole buoniste ne abbiamo già sentite troppe, e io,  italiano doc, un po’ liberale e un po’ comunista di destra, non sammarinese per un pelo di naso, ma con un debole per le stranezze del Titano, sono stufo di chi vuol convincermi a bere brodo di giuggiole, perdipiù senza farmelo assaggiare prima.

Ricordate che la guerra, questa guerra, non è scoppiata per un capriccio israeliano o per chissà quale mira espansionistica su Gaza: è partita alle 6:30 del mattino del 7 ottobre 2023, con i razzi di Hamas che fischiano sul cielo di Israele come fuochi d’artificio infernali, seguiti da un’irruzione di millecinquecento “combattenti” – leggete: terroristi armati fino ai denti – che hanno stuprato, torturato, ammazzato o squartato chiunque gli capitasse a tiro. Non era una azione di “resistenza”, era un massacro deliberato, un raid degli orrori che ha lasciato dietro di sé corpi crivellati, teste mozzate, bambini eviscerati, villaggi in fiamme e un conto di sangue che ancora gocciola. Lo ripeto, perchè sembrate in troppi averlo dimenticato: 1.194 vite spezzate, tra cui bambini e nonne, e quei 251 rapiti – di cui oltre 100 ancora nelle grinfie di Hamas (i più ormai morti), a Gaza, usati come pedine in un gioco malato dove il rilascio è un miraggio condizionato a tregue che non arrivano mai se il prezzo è il rilascio immediato degli stessi ostaggi.

E il popolo palestinese in tutto questo? Vittima, ovvio, indiscutibilmente: intrappolato tra una pioggia di bombe da una parte e una gabbia di terrore dall’altra, dove Hamas – il governo di Gaza dal 2007 – non solo spara razzi verso Tel Aviv, ma martoria i suoi stessi cittadini con un regime che puzza di Sharia medievale, corruzione e tunnel sotterranei zeppi di armi invece che di pane. Quegli “orchi”, come li chiamo io senza giri di parole (e senza paura di passare per razzista, perché qui si parla di fatti, non di etichette politically correct), non sono a Tel Aviv: sono a Gaza, dove usano i civili come scudi, deviano aiuti umanitari per i loro “soldati” e arsenali e trasformano scuole e ospedali in basi missilistiche o scudi per i loro luoghi strategici.

Israele piange i suoi morti dal 7 ottobre come un lutto nazionale, e ha tutto il diritto di difendersi, anche se lo fa con il rispetto per la vita umana pari a quello che potrebbe Jack lo Squartatore, lasciando sul campo troppi innocenti palestinesi che meriterebbero ben altro destino.

Ma, cari Sammarinesi, riconoscere “la Palestina” senza distinguere tra la Cisgiordania – dove Abbas, non a caso, ha esortato Hamas a “Deporre le armi e affidare la gestione di Gaza alla sua Autorità Palestinese” – e la Gaza degli ostaggi eterni? È come regalare un premio Nobel per la pace a un guerrafondaio come Barak Ovbama (ah, vero, glielo hanno conferito…) solo perché ha una pettinatura carina. E qui casca l’asino sammarinese, con la sua mossa da applauso facile che sa di idiozia masochista: un favore immenso al terrorismo di governo, non ai palestinesi comuni che sognano un tetto sulla testa invece di una eternità oppressi da Hamas o di un razzo in giardino.

Riconoscere lo Stato palestinese in blocco, senza pretendere che quegli orchi mollino le armi e lascino il posto a chi governa senza kalashnikov in mano, è come legittimare il bullo di cortile solo perché si urla “vittima” mentre ti spacca il naso… Aiuta Hamas a gonfiare il petto all’ONU, a incassare aiuti internazionali da riversare in cemento armato sotterraneo, mentre i veri palestinesi – quelli della Cisgiordania che Abbas rappresenta – restano a bocca asciutta, schiacciati tra coloni israeliani che li odiano e un “fratello” terrorista che li opprime o, nel migliore dei casi, li usa come alibi.

San Marino, che si pavoneggia tra i grandi, finisce per fare la figura del ragazzino che regala caramelle al lupo cattivo, illudendosi di essere nel giusto. Nel giusto un cavolo: il riconoscimento così come concretizzato è un assist al caos, un ceffone alla logica che dice “prima disarmate i pazzi, poi parliamo di confini”.

Per fortuna, dall’altra parte del confine – quello che io, italiano, supero con un volante o un manubrio in mano – il governo di Giorgia Meloni ha sparato dritto, senza giri di parole buoniste. “Non sono contraria al riconoscimento della Palestina, ma dobbiamo porci le giuste priorità”, ha dichiarato la Premier ai cronisti, specificando che l’Italia potrebbe riconoscere lo Stato palestinese solo a patto che “tutti gli ostaggi israeliani siano liberati e Hamas sia escluso da qualsiasi ruolo nel governo” e che combatta, quindi, il terrorismo e l’odio.

Ecco, questo sì che è parlare da adulti: sì alla Palestina, ma con Hamas fuori dai cogl… giochi, ostaggi liberi e un governo che non puzza di jihad. Niente applausi facili, niente foto con i terroristi: solo buonsenso, che a San Marino – ahimè – sembra un lusso da importare.

Morale della favola? Mentre il mondo brucia tra missili, bombe e ostaggi, San Marino si accontenta di un bis di applausi all’ONU, rischiando di passare per il nano diplomatico che confonde Hamas con un portatore di democrazia e buonsenso. Svegliatevi: la pace non si riconosce con un discorso, si conquista disarmando gli orchi. Altrimenti, quel riconoscimento non è un passo avanti, è un inciampo glorioso nel baratro…

Enrico Lazzari