In Cassazione, la difesa dell’imputato sottolinea che il parcheggiare l’autovettura in uno spazio riservato non equivale a impedire intenzionalmente la marcia a una vettura, come evidenziato da precedenti giurisprudenziali, non integrando quindi il delitto di violenza privata.
In realtà, si legge nel provvedimento, se lo spazio fosse stato
genericamente dedicato al posteggio dei disabili, la condotta del ricorrente avrebbe integrato la sola
violazione dell’art, 158 comma 2 del Codice della Strada: tale norma punisce, con sanzione amministrativa, chi parcheggi il proprio veicolo negli spazi riservati alla fermata o alla sosta dei veicoli di persone invalide.
Poichè nel caso di specie lo spazio è espressamente riservato a una determinata persona, per ragioni attinenti al suo stato di salute, alla generica violazione della norma sulla circolazione stradale si aggiunge l’impedimento al singolo cittadino a cui è riservato il diritto di parcheggiare lì dove solo a lui è consentito lasciare il mezzo. Da qui la sussistenza dell’elemento oggettivo del delitto contestato.
Della
violenza privata, inoltre, per i giudici sussiste anche
l’elemento soggettivo: la piena consapevolezza si desume dal non aver affermato in giudizio di non aver notato la segnaletica orizzontale e verticale che segnalava lo spazio come riservato a un singolo utente disabile.
Anzi, il parcheggio non era neppure avvenuto per pochi minuti, circostanza avrebbe consentito di dubitare della sua volontà: la vettura era stata parcheggiata prima delle 10:40 fino alla notte, impedendo al disabile, cui era stato assegnato il posto, di parcheggiare anche al suo ritorno a casa di sera. Solo alle 2:00 di notte, infatti, l’autovettura veniva rimossa coattivamente dalla polizia locale.
Pertanto, il ricorso va rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.