Parigi. “Era un barcone di Kamikaze, Parigi indaga sui falsi profughi”

Clandestini, immigrazione, migrantiE ADESSO la procura di Parigi vuole vederci davvero chiaro sul barcone con 197 persone a bordo giunto sull’isola greca di Leros il 3 ottobre scorso. A bordo – ormai non ci sono più dubbi visto che le impronte digitali dei loro cadaveri coincidono con quelle registrate dalla polizia greca a Leros e immesse nel database
Eurodac – c’erano il secondo e il terzo kamikaze dello Stade de France. Si tratta dei sedicenti Ahmad Al Mohammad e Mohammed Al Mahmood. I loro nomi sono riportati sui passaporti siriani, che per la polizia greca erano passaporti veri mentre secondo l’intelligence americana sarebbero falsi. Fatto sta che, siriani o meno che siano, loro erano gli attentatori. Adesso la polizia francese ha inviato a quella greca le impronte digitali di altri due terroristi, il terzo del Bataclan (un attentatore suicida, l’unico ancora non identificato di quelli entrati in azione a Parigi) e il kamikaze che si è fatto saltare a Saint Denis, e la cui identità non risulta conosciuta alla polizia francese sia consultando il database delle impronte digitali sia quello delle impronte genetiche.

IL SOSPETTO – tutto da verificare – è che anche loro, o uno di loro, potessero essere a bordo del barcone assieme ai due compagni di jihad. Tolti i 55 nomi dei minori e i due kamikaze restano 140 nomi da controllare, impronta digitale per impronta digitale. Dei 140 non si vuole sono stabilire se possano essere il kamikaze del Bataclan o quello di Saint Denis: si vuole capire se tra di loro possano esserci terroristi di cellule dormienti. Per questo si vuole ricostruire i loro spostanti Paese per Paese, e possibilmente interrogarli uno per uno. Un lavoro non facile. Di sicuro la Grecia è ormai accertato che è stata via privilegiata per lo spostamento degli uomini del commando. Dal Paese sono infatti passati (via Italia) Abdeslam Salah, Ahmad Dahmani e Omar Mostefai e (via Balcani) Abdelhamid Abaaoud oltre ad al Mohammad e al Mahamood.

E ALTRO potrebbe emergere. In Attica è stata trovata una vettura venduta da un contrabbandiere curdo ad Hayat Boumedienne, la moglie di Amedy Coulibaly, uno degli attentatori dello scorso gennaio: con ogni probabilità se ne è sbarazzata durante il suo viaggio verso la Siria, dove ora si trova. La donna sarebbe fuggita in aereo via Madrid a Istanbul. Qui avrebbe acquistato l’auto che ha poi abbandonato al confine con la Siria. La macchina, sospetta la polizia greca, è stata poi riutilizzata dall’organizzazione che l’ha portata in Grecia, dove è stata ritrovata.
E oltre alla Grecia, c’è Cipro. In quel Paese sono stati arrestati, all’aereoporto di Larnaca, sei uomini tra i 25 e i 33 anni, cittadini francesi, giunti martedì scorso su un volo di una compagnia low cost dall’aeroporto svizzero di Bale Mulhouse. Tre di loro sono nel database dell’Interpol. «Abbiamo informazioni che indichino che hanno stretti legami con gruppi terroristici», ha detto il ministro della Giustizia cipriota Ionas Nicolaou. Collegamenti tra questi sospetti terroristi e il gruppo in azione a Parigi sono tutti da trovare. Ma forse oltre alla Grecia c’è stata anche Cipro a far da ponte per i jihadisti che si muovono tra Francia, Belgio e Siria.