Parigi. L’esperto: non è guerra di religione. “I terroristi? Drogati e allo sbando”

isis«L’ITALIA non è particolarmente minacciata. Per ora. A differenza dalla Francia voi non siete, anche per motivi linguistici, un terreno di cultura per il terrorismo islamico. È la Francia che è in prima linea. Questo non significa che l’Italia non corra rischi. L’enorme visibilità del Papa e del Giubileo può scatenare appetiti criminali: ma non obbligatoriamente legati all’islamismo». Per Roland Jacquard, presidente dell’Osservatorio Internazionale del terrorismo e consulente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, gli attacchi di Parigi rappresentano un’escalation nella strategia del terrore: «Non si era mai vista in Europa una così mostruosa pianificazione di attentati».
Nel gennaio scorso c’erano già stati i massacri a Charlie Hébdo e all’ipermercato kosher.
«Sì, ma si trattava di attacchi individuali, attuati da terroristi non coordinati. Queste sono azioni organizzate, preparate e dirette con una regia precisa. Le vittime del Bataclan, dei ristoranti e dei bar parigini sono cadute sotto le raffiche di commandos paramilitari che disponevano di armi da guerra, di esplosivi liquidi, di cellulari e strumenti di comunicazione criptati, di basi logistiche, di automobili. Sono criminali che hanno imparato ad agire insieme in punti diversi, sotto il controllo di un coordinatore. Una organizzazione, insomma».
Qual era l’obiettivo dell’Isis nell’attaccare dei bistrot e una sala da concerti?
«Spaventare, creare psicosi, terrore, paura cieca nella gente. In secondo luogo dimostrare che i bombardamenti della coalizione non intaccano la loro capacità organizzativa. Vogliono far vedere che sono ancora in piedi. Che possono reclutare giovani pronti alla morte dove e quando vogliono. E che sono in grado di sferrare offensive fuori dai confini tradizionali, in particolare in Francia».
È il fanatismo religioso a spingere dei giovani cresciuti in Occidente ad andare a fare la jihad?
«Lasciamo perdere la religione: i terroristi che hanno insanguinato Parigi non hanno letto un versetto del Corano. Sanno solo quello che i reclutatori gli hanno messo in testa. Sono giovani che vengono dal piccolo banditismo, sbandati che passano dalle rapine al traffico di droga al traffico di armi, poi subiscono il lavaggio del cervello. Prendono sostanze psicostimolanti, si imbottiscono di droga, vanno a sparare nei campi di addestramento e si sentono eroi. Sono piccoli terroristi».
Cosa sperano facendo i kamikaze?
«Niente. Conta solo l’esaltazione del presente. Alcuni vanno a cercare in Siria il paradiso che non hanno trovato nella loro vita. Altri cercano con le armi la rivincita sulla loro pochezza. Nessuno di loro fa una libera scelta: sono controllati. Debbono eseguire gli ordini».
In che senso controllati?
«Quando l’Isis manda un kamikaze, lo fa sempre accompagnare da un ‘controllore’: vogliono essere sicuri che vada sino in fondo».
I servizi di sicurezza francesi avevano avuto segnalazioni precise: dove hanno sbagliato?
«Sapere che è in preparazione un attentato in una sala da concerti non significa niente. Dove avverrà? Quando? A opera di chi? Come indovinare che quell’uomo – o quella donna – che hai accanto indossa un giubbotto imbottito di esplosivo? Per controllare 24 ore su 24 un potenziale terrorista occorrono da 15 a 20 poliziotti. E i potenziali terroristi agli ordini dell’Isis sono centinaia. Ha ragione Hollande: siamo in guerra. Una lunga guerra».

Resto del Carlino