Aggressione choc a Parma. L’autista riprende gli insulti del gruppo di migranti. Poi l’irruzione sul bus e il pestaggio con calci e pugni.
“Cosa fai, cosa fai? Chiamate la polizia”. La voce dell’autista è rotta dal dolore, sbattuto a terra da un immigrato che forza le porte del bus e lo colpisce con pugni in faccia. A dargli man forte salgono altri due migranti.
Lo pestano ripetutamente: uno, due, tre colpi viso. Una violenza inaudita. Il conducente rimane a terra, pieno di lividi: sette giorni di prognosi per quello che sarebbe dovuto essere un normale turno di lavoro.
Siamo a Parma, stazione degli autobus. Ore 18.32 di ieri a bordo di un mezzo della Tep, l’azienda di trasporto locale. L’autista, G.P., 51 anni, deve iniziare il turno in quell’istante. Il tragitto è sempre lo stesso: da Parma fino a Mezzani, in una tratta extraurbana che parte proprio dall’autostazione. “Quando sono arrivato – racconta a ilGiornale.it – quel gruppo di migranti era seduto in mezzo alla piazzola a bivaccare. Ho suonato per farli spostare, ma non si muovevano. Allora ho cominciato a fare zig zag per convincerli a farmi passare. Sono andati su tutte le furie”.
G.P. parcheggia il mezzo nella piazzola. Dovrebbe far entrare alcuni passeggeri, ma evita di aprire le porte per non finire in pasto ai migranti inferociti. Poi si arma di cellulare e riprende ciò che accade in quei minuti di ordinaria follia. Nel video si vedono sette-otto individui, tra cui due donne, sbattere i pugni contro i vetri della vettura e inveire contro l’autista rimasto asserragliato sul bus. “Pezzo di merda”, urla uno dei ragazzi all’esterno. “Sei un coglione”, gli fa eco un compagno. Un altro colpisce ripetutamente il parabrezza, minacciando il conducente di riempirlo di pugni. Un avvertimento che in pochi minuti diventerà realtà (guarda il video choc).
“Mi dicevano di tutto – racconta G.P – lanciavano sassi sui vetri. Ero spaventato”. Le immagini sono come un pugno allo stomaco per chi da anni chiede maggior sicurezza sui trasporti pubblici. I migranti sembrano incontrollabili, vorrebbero raggiungere il conducente per fargliela pagare. Un controllare rimasto all’esterno del bus prova a riportare alla calma. Inutilmente. “Stai zitto o ti spacco la faccia”, lo attacca uno dei ragazzi ben vestito e in camicia bianca. Pochi istanti dopo riescono a sfondare la porta. Sale a bordo un giovane che sembra avere poco più di venti anni. Si avventa sull’autista e lo colpisce con una raffica di pugni al volto. G.P. prova a difendersi sferrando due calci in direzione dell’aggressore. Tutto inutile. L’immigrato lo spinge in terra e continua a percuoterlo senza tregua (guarda il video choc). “Pensavo di morire”, si lecca le ferite G.P..
Solo l’intervento dei carabinieri, chiamati da alcuni passanti, pone fine al brutale pestaggio. Il responso dell’ospedale è duro: sette giorni di prognosi per le ferite riportate. Ma poteva andare peggio. “Io sono robusto – dice l’autista – ma se al mio posto ci fosse stato un collega meno forte, ora sarebbe morto”.
G.P. lavora per la Tep da 30 anni. “Da quando lavoro non ho mai avuto problemi con nessuno, solo con gli stranieri. Nell’autostazione si spostano da una piazzola all’altra È sempre la stessa storia: ti guardano male, provano a buttarsi sotto l’autobus, fanno finta che li hai toccati e attaccano briga”.
Già il giorno precedente l’aggressione (due giorni fa) i migranti avevano minacciato il conducente. Stessa dinamica: “Erano in mezzo alla strada. Gli ho suonato e loro hanno iniziato a tirare calci e sassi. Per fortuna non avevo gente da caricare e sono scappato. Poi ho informato l’azienda chiedendo che il giorno successivo mandassero le forze dell’ordine per la mia sicurezza”. Ma ieri c’erano solo due controllori e la situazione è degenerata, portando al pestaggio. “Non ho visto un grande aiuto da parte dell’azienda”, commenta amareggiato l’autista. La Tep, dal canto suo, fa sapere che “era stato segnalata solo la presenza di queste persone sedute alla fermata. Non situazioni di insicurezza tali da richiedere l’intervento delle forze dell’ordine”.