Oggi a San Marino non conviene entrare nell’orbita dell’Unione Europea. Non conviene sul piano politico, non conviene su quello economico e non conviene, soprattutto, su quello strategico. Limitarsi solo all’Europa è da miopi.
L’Unione Europea di oggi non è una potenza in espansione. È una struttura difensiva, iper-regolata, lenta, che risponde più alle proprie procedure che alla realtà geopolitica. Produce norme, non visione. Vincoli, non opportunità. E quando chiede integrazione, lo fa a senso unico.

L’accordo di associazione viene presentato come una “porta sul futuro”. In realtà è una porta che si chiude alle spalle. San Marino si adegua subito, cambia leggi, rinuncia a margini decisionali, accetta regole scritte da altri. In cambio ottiene accessi condizionati, benefici dilazionati e una dipendenza strutturale da un sistema che non controlla e non influenza.
Una volta dentro, anche solo associati, la trattativa finisce. Resta solo l’esecuzione. E questo, per uno Stato piccolo, è un errore capitale.
San Marino non è mai sopravvissuto perché “si è integrato”. È sopravvissuto perché ha saputo posizionarsi. Questa è la verità!
Protezione esterna, autonomia interna. Relazioni forti con chi conta, senza mai consegnarsi del tutto.
È così che ha attraversato secoli di storia senza essere assorbito.
Oggi invece si vorrebbe legare il destino della Repubblica a un’Unione che non riesce nemmeno a decidere se stessa, spaccata su difesa, energia, politica estera, rapporti con la Cina e con la Russia. Un’Unione dove perfino gli Stati membri forti si muovono ormai in autonomia, aggirando Bruxelles quando serve.
Il mondo non gira più solo intorno all’Europa.
Mentre Bruxelles discute, gli Stati Uniti decidono. Mentre l’UE regola, Washington influenza.
Tecnologia, finanza, sicurezza, standard globali: oggi il baricentro è lì. Che piaccia o no.
San Marino non deve “scegliere l’America” contro l’Europa. Sarebbe un errore altrettanto ideologico. Ma deve smettere di pensare che l’UE sia l’unico orizzonte possibile.
Per uno Stato piccolo, la forza sta nella pluralità dei canali, non nella dipendenza da uno solo.
Guardare anche agli Stati Uniti significa: tenere aperti scenari alternativi, non legarsi mani e piedi a un unico blocco normativo, restare attrattivi per capitali, imprese, tecnologie non europee e non diventare una periferia regolata di Bruxelles
C’è poi un tema decisivo: il timing.
Le alleanze si stringono quando l’altro è forte e in crescita. Oggi l’UE è in una fase di logoramento politico e di irrigidimento normativo. Questo non è il momento di firmare cambiali strategiche. È il momento di stare liquidi, flessibili, pronti a muoversi.
La verità, scomoda ma evidente, è questa l’Europa oggi è un costo certo e un beneficio ipotetico.
E San Marino non può permettersi di pagare costi certi per inseguire promesse vaghe.
San Marino non deve scegliere un padrone. Non deve scegliere una bandiera. Deve scegliere il posizionamento migliore in un mondo che cambia.
E oggi quel posizionamento non è l’ingresso nell’orbita UE, ma la capacità di parlare con tutti, dipendere da nessuno e restare libero di decidere.
Marco Severini – direttore GiornaleSM













