Peru: l’ex presidente Castillo resterà detenuto per 18 mesi

   L’ex presidente del Peru Pedro Castillo rimarrà detenuto per 18 mesi. Lo ha deciso il Tribunale per le indagini preliminari, che ha accolto la richiesta della Procura generale peruviana. Castillo è accusato di ribellione e tentato di colpo di Stato.  Dopo aver ascoltato gli interventi
dell’accusa e della difesa, il giudice Juan Carlos Checkley Soria ha letto per quasi due ore gli argomenti a sostegno della sua decisione di accettare nei confronti di Castillo la richiesta della Procura.

   Il magistrato, riferisce il quotidiano La Republica, ha precisato che l’ex capo dello Stato dovrà restare in carcere fino al 6 giugno 2024, una decisione contro cui immediatamente la difesa di Castillo ha annunciato ricorso. La Procura generale aveva formulato la sua accusa sulla base
un tentativo di colpo di Stato realizzato da Castillo con il suo discorso alla Nazione dello scorsol 7 dicembre, quando annunciò lo scioglimento del Parlamento, l’avvio di un processo di riforma della Costituzione e un sostanziale commissariamento di tutti gli organi giudiziari peruviani.

   E intanto si è ulteriormente aggravato nelle ultime ore il numero dei morti nei disordini scoppiati in tutto il Perù dopo l’arresto dell’ex presidente. Le vittime sono ormai 18. Solo durante il settimo giorno di proteste e scioperi, e il primo dell’introduzione dello stato di emergenza sono stati segnalati nove morti nelle regioni di Apurímac, Arequipa, La Libertad e Ayacucho, frutto di scontri fra manifestanti e membri della polizia nazionale. Questo aggravamento della conflittualità ha spinto il governo a decretare il coprifuoco in 15 province del Paese per almeno cinque giorni.

   La giornata di ieri è stata particolarmente dura ad Ayacucho, dove  i dimostranti hanno battagliato con la polizia e l’esercito per assumere il controllo dell’aeroporto. Il governo di questa regione ha diffuso ieri sera un comunicato in cui accusa la presidente Dina Boluarte, e i ministri dell’Interno e della Difesa per le morti, chiedendo le loro “immediate dimissioni dall’incarico”. Nel documento si chiede inoltre l’immediata cessazione dell’uso delle armi da fuoco e della repressione da parte delle forze armate e della polizia.
   


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