“L’Arci è una associazione di m…”. Dicono così, testualmente, i cartelli esposti da una trentina di migranti che ieri mattina si sono radunati di fronte alla questura di Perugia per protestare contro le condizioni di accoglienza fornite loro dall’Arci.
I richiedenti asilo si sono mobilitati perché a loro dire l’associazione non gli avrebbe garantito una procedura rapida per l’ottenimento del permesso di soggiorno. “Non siamo qui per dormire e mangiare – scrivono su un altro cartello – prima di tutto documenti e lavoro”. A quanto pare i migranti non condividono la decisione dell’Arci di sostituire con i buoni spesa i soldi giornalieri che fino ad oggi garantiva ai profughi.
O almeno questo è quello che ci è stato possibile verificare prima che un funzionario di polizia ci impedisse di domandare ai diretti interessati i motivi della loro sollevazione, cacciando ed indentificando un normale cittadino che voleva solo documentare quanto stava accadendo.
Ad ogni modo, non deve aver fatto piacere ai responsabili dell’Associazione Ricreativa e Culturale Italiana essere insultati da quei ragazzi a cui, a spese dello Stato, assicurano vitto, alloggio e pocket money. E non è certo la prima volta che una associazione che si occupa di accoglienza viene criticata dagli ospiti, a volte per il cibo “scadente” oppure per il ritardo nel versamento del pocket money da 2,5 euro al giorno. Di certo è una novità che a finire al centro della contestazione sia l’Arci, che sul sito internet rivendica “l’intensa, decisa e irrinunciabile azione di ripristino della cultura dell’accoglienza”. Deve essere stato un duro colpo.