Pesca sotto accusa,alimenta l’isola di plastica nel Pacifico

(ANSA) – MILANO, 01 SET – (EMBARGO ALLE ORE 17,00)
E’ la pesca industriale fatta da una manciata di Paesi ad
alimentare la grande isola di plastica che galleggia nell’Oceano
Pacifico settentrionale: lo indica l’analisi di oltre mezza
tonnellata di detriti raccolti in mare. I risultati sono
pubblicati sulla rivista Scientific Reports da un gruppo
internazionale di esperti coordinato dall’organizzazione
no-profit The Ocean Cleanup.
    I ricercatori hanno analizzato 573 chilogrammi di detriti (oltre
6.000 frammenti di dimensioni superiori ai cinque centimetri)
raccolti tra giugno e novembre 2019 nell’enorme isola di
plastica che si è venuta a formare nel vortice oceanico noto
come ‘giro subtropicale del Pacifico settentrionale’. Ogni
detrito è stato ispezionato alla ricerca di scritte o loghi che
potessero in qualche modo indicarne la provenienza. Circa il 33%
dei frammenti non è risultato identificabile, mentre il 26%
derivava da attrezzatura da pesca (come confezioni per il pesce,
distanziatori per le ostriche e trappole per le anguille).
    Sebbene salvagenti e boe rappresentino solo il 3% degli oggetti
presenti nell’isola di plastica, costituiscono il 21% della
massa totale.
    E’ stato possibile identificare il Paese di origine per 232
detriti: il 34% arrivava dal Giappone, il 32% dalla Cina, il 10%
dalla Corea del Sud, il 6% dagli Stati Uniti, il 6% da Taiwan e
il 5% dal Canada. Tenendo conto dei modelli di circolazione
delle correnti oceaniche, i ricercatori sostengono che la
probabilità che derivino da attività di pesca è dieci volte
superiore alla possibilità che derivino da attività svolte sulla
terraferma.
    Lo studio evidenzia dunque la necessità di una maggiore
trasparenza da parte delle società che svolgono attività di
pesca industriale, oltre che una maggiore cooperazione tra i
Paesi per regolare la gestione dei rifiuti a bordo delle navi e
il monitoraggio delle attrezzature abbandonate negli oceani.
    (ANSA).
   


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