«La mafia è al Nord: certo c’è anche al Sud. E nel mondo: oggi ci sono uomini di ‘ndrangheta che con un sì o un no mettono in moto partite di dozzine di tonnellate di hashish e coca». Sulle rotte della droga, come su quelle della tratta dei nuovi schiavi, della piratieria, del terrorismo, come negli uffici dorati della “malafinanza”, c’è però un filo conduttore unico: il riciclaggio. Reato multiforme e fino a qualche tempo fa quasi inafferrabile, ma sul quale si sta stringendo la rete di polizie e magistrature di mezzo mondo. Perchè se globale è il problema, globale e conertata deve essere la risposta. «Abbiamo gli strumenti: non dobbiamo e non possiamo più sopportare il fenomeno». Sono le parole del Procuratore Nazionale Antimafia aggiunto Pier Luigi Maria Dell’Osso, oggi ospite della Liuc per un incontro-lezione con gli studenti promosso da da ELSA Castellanza, branca locale della European Law Student’s Association, in collaborazione con Liuc Alumni, associazione dei laureati dell’Università Cattaneo.
Ad accompagnare il magistrato con domande, precisazioni ed esempi erano il prof. Gianluca Varraso, associato di diritto processuale penale, e il prof. Mario Zanchetti, Preside della facoltà di Gurisprudenza.
– Una fattispecie penale di non facile inquadramento
Si ha riciclaggio (art. 648 bis e ter c.p.) «quando si sostituisce o si trasferisce denaro, beni e altre utilità» di provenienza illecita «oppure si compiono delle operazioni volte ad occultare la provenienza di quei beni». Il reato è “giovane” nel campo della giurisprudenza, essendo stato introdotto di recente, negli anni Settanta, ma antico nella concezione criminale. Anche negli altri Paesi la legge è arrivata in ritardo, ma ha realizzato l’importanza del problema. La cooperazione fra Paesi, in Europa e non solo, sta facendo passi da gigante, anche grazie al Trattato di Lisbona; purtroppo nei vari Stati il reato è stato definito sul calco di altre fattispecie. In Italia, ad esempio, su quello della ricettazione: ed ecco perchè, assurdamente, non è previsto come reato l'”autoriciclaggio” (che negli USA è l’80% di tutte le condanne per questo reato!), ossia il riciclaggio compiuto materialmente dalla stessa persona autrice del crimine da cui proviene il denaro… perchè la ricettazione presuppone soltanto un soggetto terzo che riceve il bene rubato. «L’autoriciclaggio dovrebbe essere sanzionato in aggiunta alle attività criminose svolte» commenta il magistrato. «Ad esempio: chi ha fatto una rapina e poi ne occulta o sostituisce i proventi, non si capisce perchè non debba rispondere di riciclaggio». Non ha semplificato le cose un decreto particolarmente complesso introdotto tre anni or sono e che ora si vorrebbe semplificare per obiettive difficoltà anche interpretative, che dà del riciclaggio un’interpretazione “ai soli fini del presente decreto”: e qui l’autoriciclaggio è ricompreso, senza che ciò abbia effeti penali. «Siamo ai limiti del surreale». Siamo in Italia.
– “Quando il riciclaggio è compiuto, la mafia ha vinto” e il crimine mette il doppiopetto
Scopo del riciclaggio è sempre consentire il rientro di proventi illeciti nell’economia legale, «“depurarlo” del marchio di origine criminale. Il criminale dal mercato non cerca la situazione più remunerativa» osserva Dell’Osso; gli interessa prima legalizzarlo che farlo immediatamente fruttare. Il denaro frutto di gravi reati non è subito spendibile. Si ricorre così al riciclaggio, «reato e fenomeno gravissimo, una volta compiuto il quale la mafia ha vinto». Così l’economia criminale passa dalla parte di quella “legale”: è così da tempi non sospetti. «Il massimo dell’illegalità che tende a pasare alla legalità». Summa iniuria, summum ius, viene da dire, capovolgendo il detto latino. «In un paio di generaizoni, ora anche meno, si legalizzano tutte le attività criminali. Vedi Las Vegas, costruita tutta coi soldi della mafia. Legalizzati». Fosse solo La Vegas: il sospetto, quando non la certezza, è che valga lo stesso, ormai, per mezza Lombardia, soprattutto intorno al capoluogo, ma anche da queste parti. Milano è una piazza finanziaria di prima grandezza, snodo necessario del ricilaggio in grande stile. Non da oggi: chiedere all’avvocato Ambrosoli per le referenze. Ci sono poi altre sedi “privilegiate”. «Abbiamo qui vicino San Marino che è un covo di riciclatori, non ho peli sulla lingua al riguardo. Bankitalia non è affatto contenta» sentenzia il magistrato. Ma il nostro territorio lombardo «è vasto e caratterizzato da occasioni multiple e golose» per l’investimento criminale, che della crisi e dei cordoni stretti delle banche se ne frega. «Mettiamo che una banda di rapinatori seriali riesca a farla franca, e il maltolto lo impieghi nell’acquisto di supermercati, o bar. Un caso di riciclaggio tipico, soprattutto se un terzo soggetto fa da interfaccia. Un impiego diretto, un front lecito, con attività che producono contante in cui a volte si ripuliscono direttamente i soldi illeciti… e si commercia a prezzi che stracciano la concorrenza, distorcendo il mercato. E magari finendo il lavoro, poi, con l’usura ai danni del concorrente danneggiato, fino ad acquisirne l’attività, a catena».
– Operazioni sospette e obblighi di segnalazione a carico dei soggetti finanziari
Provare il riciclaggio è difficile. L’oggetto deve essere provento di reato; e si deve avere certezza di un dolo, della consapevolezza di sostituire o trasferire un bene o altro di cui si abbia «una generale, non generica, percezione di illiceità». La globalizzazione «ha moltiplicato i canali di riciclaggio creando sempre nuovi ostacoli alla tracciabilità»: per tacere di Internet. E così ecco non solo i paradisi fiscali, ma il cyber-laundering, l’uso di smart card, i sistemi di money transfer che si affermano al posto degli intermediari più tradizionali, via via onerati di obblighi di collaborazione attiva. La quale consiste nel segnalare le operazioni che appaiono sospette. Ad esempio: un uomo si presenta in una banca che non lo conosce e apre un deposito per diecimila euro. Ogni giorno torna alla banca e ce ne versa diecimila per volta. Dopo un po’ comincia a girarli a destinatari diversi. Operazione sospetta “da manuale”. E un manualetto, stilato da Bankitalia, su cosa va segnalato e quando, esiste davvero.
Le segnalazioni giungono alla FIU, l’unità centrale di intelligence finanziaria, e se vi è concreto sospetto di un canale di riciclaggio, alla Direzione Investigativa Antimafia, e parallelamente al nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza. Un doppio dossier viene così creato; e se è accertata la presenza di interessi mafiosi la palla passa alla Direzione Nazionale Antimafia, magari proprio sul tavolo del dottor Dell’Osso. Con ciò, non si vuol dire che ogni operazione di ricilaggio di proventi illeciti venga dalle mafie: per il massacro di Mumbai di due anni fa, atto terroristico di rara assurdità, si è ad esempio accertato che i finanziamenti erano partiti da alcuni pachistani residenti a Brescia (la zona è quella in cui avvenne l’atroce assassinio “d’onore” di Hina Saleem, per dare un’idea).
– Reato globale, risposta globale
Il reato è transnazionale per definizione, e si sono mosse Onu e Unione Europea, facendo obbligo ai Paesi membri di adottare inziiative antiriciclaggio. In ciò hanno avuto parte non piccola gli attentati dell’11 settembre 2001 in America e la susseguente guerra al terrorismo e alla sue fonti di finanziamento. Nel piccolo dell’Italia, «dobbiamo ricorrere all’input esterno, del non-investigatore, questo è un reato specifico, speciale, particolare, non comune», che va combattuto non solo dal magistrato e dalla polizia giudiziaria di turno, ma da tutta la società. Di fronte al reato globale, globale deve essere la risposta, si è detto: e gli strumenti si stanno implementando, i Paesi e le rispettive giustizie dialogano, aggiustano e coordinano le rispettive legislazioni, scambiano dati, fanno uso di strumenti come il mandato d’arresto europeo, deriso anni fa e oggi utilissimo; hanno in vista il concetto di prova penale europea, hanno messo in soffitta le rogatorie d’un tempo. Esiste uno spazio penale europeo, non solo uno spazio economico. Si può quindi euro-delinquere, ma anche essere euro-arrestati, processati e condannati.
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