Pil, crescita nulla nel 2° trimestre. Morando: «Difficile l’obiettivo dell’1,2% alla fine dell’anno»

il viceministro all’Economia, Enrico Morando
il viceministro all’Economia, Enrico Morando

Il Pil è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente ed è aumentato dello 0,7% nei confronti del secondo trimestre dell’anno scorso. La variazione deriva dall’aumento del valore nei comparti dell’agricoltura e dei servizi e da una diminuzione dell’industria

Il dato è peggiore delle attese. Anche di quelle che al momento erano indicate come le più negative, cioè quelle di Confindustria che indicavano comunque una crescita dello 0,15%. Invece nel secondo trimestre del 2016 il prodotto interno lordo è rimasto invariato rispetto ai primi tre mesi dell’anno (quando era cresciuto dello 0,3%) ed è aumentato dello 0,7% nei confronti del secondo trimestre del 2015. Lo ha comunicato l’Istat sulla base delle stime preliminari. Il secondo trimestre del 2016 ha avuto una giornata lavorativa in più del trimestre precedente e una giornata lavorativa in più rispetto al secondo trimestre del 2015. La variazione acquisita del Pil per il 2016, dopo sei mesi, è pari a +0,6%.

Frena l’industria

La variazione congiunturale del prodotto interno lordoè la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell’agricoltura e dei servizi e di una diminuzione in quello dell’industria. Dal lato della domanda, vi è un lieve contributo negativo della componente nazionale compensato da un apporto positivo della componente estera netta. Nello stesso periodo, ricorda l’Istat, il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,6% nel Regno Unito e dello 0,3% negli Stati Uniti, mentre ha segnato una variazione nulla in Francia. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2,2% nel Regno Unito, dell’1,4% in Francia e dell’1,2% negli Stati Uniti. Nel complesso, secondo la stima diffusa il 29 luglio scorso, il Pil dei paesi dell’area Euro è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dell’1,6% nel confronto con lo stesso trimestre del 2015.

Il rapporto deficit Pil

Il governo stava già rivedendo al ribasso le prospettive della crescita economica per quest’anno e il prossimo, immaginando che il deficit pubblico rispetto al Prodotto interno lordo sarebbe salito oltre l’1,8% previsto. Al ministero dell’Economia un peggioramento della crescita lo davano per scontato. Ma, ha più volte affermato il titolare del dicastero Pier Carlo Padoan, non dovrebbe comportare la rinuncia alle misure previste: dal congelamento degli aumenti Iva alla riduzione dell’Ires per le imprese. Le regole Ue tengono infatti conto dell’impatto della congiuntura sui conti pubblici: l’importante, per Via XX settembre, è garantire la riduzione del rapporto tra il debito e il Pil e ciò dovrebbe verificarsi entro la fine del 2016. Dal più 1,2% prevista ad aprile la crescita del 2016 scenderà quasi certamente sotto l’1%. Quanto sotto quel livello non è ancora chiaro e questo dato certo non induce all’ottimismo.

Le attese del Tesoro

Si attendeva un incremento di appena lo 0,1-0,2%, dopo il calo della produzione industriale che a giugno ha confermato il rallentamento dell’attività economica. Sul quadro economico pesano in negativo gli effetti della Brexit che potrebbe avere un impatto negativo sul prodotto italiano di quest’anno compreso tra 2 e 4 decimi di punto. La Banca d’Italia, nel bollettino di luglio, ha già assestato le sue previsioni per il 2016, portando la crescita prevista sotto l’1%. Lo stesso ha fatto l’Ufficio parlamentare di Bilancio. Un peggioramento della crescita di mezzo punto potrebbe pesare sul deficit che potrebbe salire teoricamente fino al 2,9% del Pil, ma non oltrepassare la soglia del 3%. Però impatterebbe sul rapporto tra il debito e il Pil, che quest’anno era previsto in calo dal 132,7% del 2015 al 132,4%.

L’obiettivo di crescita

«Presenteremo per il 27 settembre la nota di aggiornamento del Def, a quel punto vedremo in che situazione ci troveremo. Non c’è dubbio che sulla base di questi dati appare difficile conseguire l’obiettivo di crescita che era fissato per il 2016, cioè l’1,2%», dice il viceministro all’Economia, Enrico Morando. «Inevitabilmente, sarà possibile che si determinino maggiori difficoltà nella definizione delle scelte. O meglio, bisognerà tenere conto di questo andamento nella definizione delle scelte che riguardano il 2017 e gli anni successivi».

Corriere.it